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Heavy Traffic

Regia di Ralph Bakshi vedi scheda film

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La recensione su Heavy Traffic

di Genga009
6 stelle

Decisamente meno spensierato di Fritz Da Cat.

Il secondo film di Ralph Bakshi continua il racconto di Fritz Da Cat ma cambia gli attori, narrando la storia di un giovane vignettista - di padre italiano e madre ebrea - che vuole scappare dall'inferno quotidiano in cui è costretto a vivere tra le strade di una New York putrida e raccapricciante. Le prime scene dell'opera si presentano di una violenza inaudita, se possibile superiore a quella che contraddistingue il primo lavoro del regista. Bakshi, ora anche ideatore del soggetto nonché della sceneggiatura, non pone alcun freno alle immagini, inscenando una sequenza più agghiacciante dell'altra mentre delinea l'intreccio del lungometraggio. La trama descrive sempre una tentata fuga dal degrado, questa volta ponderata e non effettuata come ultima spiaggia come, invece, deve fare Fritz. Quella del protagonista di Heavy Traffic è una fuga ideata per il proprio riscatto sociale e personale, per evolvere e lasciarsi il passato e il presente alle spalle.

 

 

scena

Heavy Traffic (1973): scena

 

 

La società in cui vive il protagonista, tuttavia, lo soffoca e lo trasforma mano a mano che cerca di liberarsene. Il ragazzo, da ingenuo e timido, diventa lo specchio della realtà che tanto aborra e da cui vuole fuggire con tutte le forze. L'ambiente che lo circonda lo plasma, lo avvia verso strade che lo corrodono e lo trasformano; lo condanna e lo distrugge.

 

 

scena

Heavy Traffic (1973): scena

 

 

Heavy Traffic è decisamente meno spensierato di Fritz Da Cat. Come Transformer di Lou Reed, racconta una New York che cambia costantemente immagine, da quella sensuale a quella spietata, da quella disperata, rassegnata a quella più arrogantee e presuntuosa. I suoi cittadini come le sue costruzioni sono in continua metamorfosi, non rimangono mai nello stesso punto per più di un minuto. Tutto si muove. Tutto viene divorato o divora. Non esiste alcuna regola che possa preparare una persona alla sopravvivenza in un'immensa giungla urbana. Bakshi scrive e dirige il suo Taxi Driver, forse un lungometraggio meno d'impatto confronto Fritz Da Cat ma più adulto e riflessivo, con personaggi più curati e alcuni particolari - come la sequenza del pedinamento - che ne esaltano le capacità registiche. È, inoltre, la sua prima opera in tecnica mista. Ciò propone uno sguardo più netto, meno satirico e meno caricaturale della realtà che vuole descrivere. Le scenografie, sia riprese in live-action sia disegnate, sono sporche e cupe come lo è ogni aspetto del film, dalla caratterizzazione dei personaggi alle animazioni sempre e comunque estremamente pop e quasi dadaiste in pochi frangenti. La musica è poco incisiva. Si limita ad accompagnare il lungometraggio mentre si susseguono le varie disavventure che vivono il protagonista e la sua famiglia.

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