Regia di Baltasar Kormákur vedi scheda film
Buon film su una delle tante scalate tragiche all'Everest, con scene spettacolari e più di una considerazione (anche se non molto approfondita) sul business che si porta appresso
Bisogna dare atto a questa co-produzione anglo-americana del 2015 di avere tutto sommato colto nel segno, grazie al gusto mix tra scene spettacolari ed una trama che si fa via via più avvincente. Non manca, sia chiaro, qualche scivolata retorica ma sostanzialmente il film riesce bene a rendere l'idea di come una spedizione alpinistica sia anche e soprattutto una comunità dove (nei limiti del possibile) ci si aiuta in base alle proprie capacità e competenze. Così è stato per il gruppo che nel 1996 tentò la scalata alla montagna più alta del mondo, ma si trovò a dover fronteggiare non pochi ostacoli e più di una tragedia. Il film, oltre ad essere spettacolare per molte delle scene girate in alta quota (aiutato in questo dal digitale) affronta anche il tema dell'eccesso di aspiranti scalatori, con vere e proprie liste d'attesa e cordate infinite per salire in vetta, un business che sta a suo modo uccidendo l'alpinismo più genuino.
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