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L'uomo che bruciava i cadaveri

Regia di Juraj Herz vedi scheda film

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La recensione su L'uomo che bruciava i cadaveri

di alan smithee
8 stelle

locandina

L'uomo che bruciava i cadaveri (1968): locandina

Karel Kopfrkingl è un timido e indaffarato addetto al crematorio di un cimitero nella Cecoslovacchia degli anni '30. 

Sposato e devoto a moglie e figli, egli crede sinceramente, travisando una distorsione della filosofia del "Libro tibetano dei morti", che la cremazione allevi le sofferenze terrene e si considera questa pratica come un atto divinatorio che regala al defunto la possibilità dinuo e future reincarnazione.

Queste sue bizzarre convinzioni deviano poi clamorosamente verso ancor più ambigue teorizzazioni. Infatti le sue stravaganti idee, a contatto con le nascenti mentalità di superiorità della razza ariana della vicina Germania nazista, lo convincono, con la collaborazione di un vecchio amico di nome Reineke, ad accertare più concretamente la sua supposta parziale discendenza tedesca.

Trovata con successo la tanto agognata risposta ai suoi interrogativi dinastici, il passo successivo consisterà nell'abbracciare il fanatismo nazista, allontanandosi sempre più dalla sua famiglia, ed anzi indotto, nel suo delirio finale, a diventare il persecutore dei suoi stessi cari, a cominciare dalla fino a poco prima adorata moglie, ritenuta in seguito di probabili origini ebree. Seguirà un vero e proprio sterminio, posto in atto nella folle volontà di regalare loro quella fine gloriosa e piena di possibilità che il suo lavoro di inceneritore di cadaveri suggerisce alla sua mente, ormai cometamente traviata da una follia sempre più fuori controllo. L'uomo che bruciava i cadaveri è probabilmente il film più celebre del regista slovacco Juraj Herz.

Molto liberamente tratto dal romanzo omonimo di Ladislav Fuks, del quale in realtà ereditò più il titolo che la struttura narrativa, il film è stato concepito in modo molto differente dal suo originario narrativo.

Si racconta che Herz abbia dovuto  tribolare molto per avere carta bianca sul soggetto, e riuscendo conseguentemente a fatica ad ottenere finalmente piena libertà di trasposizione, dando così vita ad una sferzante commedia nera che vira all'horror, privilegiando situazioni umoristiche ove sadismo e follia si intersecano, trovando modo di completare la progressione nella più maturata pazzia del devastato e mellifluo protagonista.

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