Regia di Otto Preminger vedi scheda film
In una cittadina del Michigan il tenente Frederick Manion reduce dalla guerra di Corea (Ben Gazzara) uccide il gestore di un bar dopo che la provocante moglie Laura (Lee Ann Remick) gli aveva rivelato di essere stata violentata da quell'uomo. La strategia della difesa, affidata all disilluso avvocato di provincia Paul Biegler (James Stewart), sarà quella di dimostrare la non colpevolezza del tenente in quanto preda di un "impulso irresistibile" che gli impediva di discernere le conseguenze delle sue azioni. Biegler era in precedenza il procuratore distrettuale, recentemente sconfitto nel suo tentativo di rielezione proprio dall'attuale procuratore (Brooks West), il che aggiunge una tensione personale allo scontro, oltre a conferire a Biegler il vantaggio di conoscere molto bene dall'interno i meccanismi dell'accusa. L'ufficio del procuratore statale invierà in rinforzo dell'accusa il brillante Claude Dancer (George C. Scott) per ottenere la condanna dell'imputato smascherando la simulazione dell'infermità mentale.
Tratto da un vero caso di cronaca nera avvenuto nel Michigan nel 1952 e poi diventato un romanzo pubblicato sotto pseudonimo dall'avvocato difensore dell'imputato, il film di Otto Preminger si imporrà come pietra miliare del genere crime e courtroom drama, esercitando un'influenza innegabile sul cinema giudiziario degli anni a venire fino ai nostri giorni (basti pesare al recente Anatomia di una caduta di Justine Triet, Palma d'Oro a Cannes nel 2023, che ne cita il titolo e ne riprende la struttura).
Anatomia di un omicidio (1959): Lee Remick, Ben Gazzara, James Stewart
Nonostante il minutaggio importante (2 h 40') e l'ambientazione in gran parte all'interno del tribunale, il film ci mantiene incolati alla visione con il suo ritmo incalzante, per cui siamo continuamente stimolati dall'introduzione di qualche elemento nuovo. Le lunghe scene di dibattimento in aula non risultano affatto noiose, anzi risultano particolarmente coinvolgenti. La chiarezza della sceneggiatura di Wendell Mayes permette allo spettatore di seguire il dibattimento come fosse egli stesso un membro della giuria a cui vengono presentate le testimonianze e a cui spetta formarsi la sua opinione.
Merito delle interpretazioni di un cast particolarmente azzeccato. I duelli scoppiettanti tra James Stewart e George C. Scott durante interrogatori e controinterrogatori sono l'anima del film: l' avvocato di provincia che gioca prudentemente le sue carte contro il prodigio legale venuto dalla città che dà spettacolo con la sua abilità oratoria. Una conturbante Lee Ann Remick seduce tutti gli uomini che incontra ed anche per questo la sua Laura è un'ideale sospettata di mala condotta dalla morale puritana. Un equivoco Ben Gazzara non si conquista troppe simpatie con la sua aria strafottente.
Merito anche della messinscena esemplare di Preminger , la cui macchina da presa filma gli interrogatori e i dibattiti in maniera fluida , creando azione e dinamismo all'interno dell'inquadratura : si veda la scena in cui il procuratore di proposito blocca la visuale tra avvocato e testimone e vediamo James Stewart agitarsi e cambiar posto per spuntare dietro alle spalle di George C. Scott. Il regista pone attenzione anche a permetterci anche di cogliere il linguaggio non verbale dei personaggi, gli scambi di sguardi che rivelano che quello che viene detto non sempre corrisponde alla verità, ma spesso alla strategia: in questa storia qualcuno mente, forse tutti.
Anatomia di un omicidio (1959): James Stewart, George C. Scott
Lo script stempera la tensione e la crudezza della vicenda con l'ironia, che caratterizza i reciproci punzecchiamenti tra accusa e difesa e che viene spesso affidata alla figura del giudice, interpretato non da un attore, bensì da Joseph Welch avvocato protagonista dei processi del maccartismo: spassosa la scena in cui convoca i due team legali per farsi suggerire un sinonimo meno compromettente di “mutandine”.
A proposito: stupisce come nel 1959, nella Hollywood dove ancora vigeva il puritanesimo del Codice Hays , siano riusciti a far passare tra le maglie della censura un film dove si pronunciano parole come “sperm”, “bitch”, “slut” , ci si sofferma sui dettagli di una violenza sessuale e si mostrano delle mutande femminili.
La fotografia in bianco e nero di Samuel Leavitt illumina il lato oscuro della provincia americana. Al realismo contribuiscono certamente le riprese effettuate nei luoghi reali della Penisola Superiore del Michigan. Magnifica la colonna sonora jazz di Duke Ellington che compare anche in un cameo mentre suona il piano con Stewart. Iconica anche la grafica dei titoli di testa di Saul Bass.
Efficace nella sua ambiguità anche il finale, in cui l'imputato si fa beffa dei suoi stessi avvocati che non vengono pagati con la scusa dell'"impulso irresistibile" , ma il film non prende nessuna posizione su quale sia la verità al di là dell'esito processuale, di cui ci dobbiamo accontentare con tutti i dubbi che permangono su come siano andate veramente le cose. Resta il dubbio se Laura sia sta veramente violentata dal barista o se l'atto de marito fosse dovuto alla gelosia per una relazione extraconiugale, così come sul punto nodale dell'effettiva capacità di intendere e di volere dell'assassino. La verità processuale è sempre parziale e la verità assoluta resta al di là della portata del sistema giudiziario: come in tanti celebri processi, la sentenza lascia aperto l'interrogativo se a trionfare sia stata la giustizia o piuttosto l'abilità dialettica e strategica della difesa.
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