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La fisica dell'acqua

Regia di Felice Farina vedi scheda film

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La recensione su La fisica dell'acqua

di iosif
4 stelle

La Fisica dell’Acqua è un thriller (per quanto descrittivo e rallentato) con due misteri da svelare subito: si tratta di un film del 2004, distribuito solo adesso, e non è l’opera di un ambizioso esordiente, bensì di un Felice Farina cinquantacinquenne che in teatro, cinema e tv ha fatto più o meno tutto, dall’attore al regista, al produttore; uomo di certo dotato d’energia e d’ingegno, nel tempo libero è anche scultore. L’amore per le varie espressioni dell’arte e le diverse possibilità del racconto che ognuna possiede, portano il film a una costruzione disarmonica, dove ogni elemento, indipendentemente dagli altri, rincorre un’idea di aulica bellezza ripiegata in se stessa. La Fisica dell’Acqua si distingue immediatamente per la ricerca nella fotografia, nell’inquadratura e i colori: superfici trasparenti e riflettenti, ambienti che invadono il campo fino a far sparire gli attori, toni freddi all’interno di scene geometriche. Inseguendo, forse, un modo di descrivere il mondo che proprio nel 2004, con 2046 di Wong Kar Wai (e di Christopher Doyle), trovava il suo apice e cominciava il suo declino. Alla ricerca estetica si accompagnano le tensioni letterarie. Il vero punto debole del film è nell’artificiosità della scrittura, implausibile e macchinosa sia nei dialoghi e nella resa della voce interiore del protagonista, sia nella costruzione della storia nel suo complesso e nella ricerca di ripetute simbologie (l’armadio vuoto, la stessa paura dell’acqua) molto marcate e non particolarmente originali. La storia, che si ispira in parte all’Amleto, trova il suo personaggio principale in un bambino che si prodiga in improbabili considerazioni sul mondo, l’uomo e l’esistenza, affiancato dalla madre Paola Cortellesi e lo zio Claudio Amendola, non particolarmente brillanti e totalmente sacrificati all’idea che muove lo script. La Fisica dell’Acqua appare, dunque, come una vetrina dove mettere in mostra da una parte le abilità tecniche, dall’altra un tentativo di scrittura che ricorda le suggestioni che solitamente muovono i cortometraggi, col risultato di un film artificiale e inverosimile, spesso poco sincero.

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