Regia di Ken Russell vedi scheda film
La passione di Ken Russell per la musica rende omaggio nel 1983 a un altro dei grandi nomi indiscussi del panorama culturale inglese: Gustav Theodore Holst (1874-1934), morto nello stesso anno di E. Elgar e F. Delius. Holst si dedicò prevalentemente alla composizione orchestrale e per coro, molto alla direzione d'orchestra e all'insegnamento, allo studio della musica popolare delle campagne inglesi e all'apprendimento del sanscrito (alcune sue composizioni sono ispirate a poesie scritte in questa lingua orientale).
Russell assembla le immagini per lui più adeguate a sostegno del più importante e famoso lavoro orchestrale di Holst, I pianeti op. 32 (1914-16), una suite di sette brani che restituiscono il carattere delle divinità greche a cui i nomi si riferiscono ma che al contempo evocano un senso veramente astrale, che proietta l'ascoltatore in un viaggio mistico nel sistema solare: Holst riesce perfettamente a unire mito, scienza, misticismo e umano ed emozionante rapimento estetico, con una geniale capacità melodica ma soprattutto armonica (modalità) e timbrica, di una raffinatezza da svenimento.
Russell fa un lavoro un po' discontinuo, con scelte a volte di un certo effetto, altre volte più scontate. In Mars, The Bringer of War vediamo parate militari naziste, inglesi ecc., vulcani, fino all'esplosione della bomba atomica; Venus, The Bringer of Peace è l'episodio giustamente più sensuale, dapprima una mongolfiera sorvola ondulate lande desertiche che si trasformano in un giovane corpo nudo di donna sdraiato in riva al mare, di grande poesia, poi nuotatrici, sfilate di moda, fino all'inserto kitsch di una Barbie, ma reso con delicatezza e dolcezza; in Mercury, The Winged Messenger si va dai surfisti (di nuovo il mare) ai voli sopra le montagne, ai paracadutisti e alle acrobazie aeree con un forte senso di leggerezza, come rievocando la velocità del messaggero Mercurio, riscontrata nella musica sfuggente. Jupiter, The Bringer of Jollity, il dio supremo della grecità e il pianeta più grande del sistema solare, portatore della gioia, è al centro della suite dove Russell monta una serie di feste paesane e popolari di varie parti del nostro pianeta (che infatti manca volutamente nella musica di Holst); ancora, il nucleo centrale di Jupiter è il vertice espressivo e solennemente eroico del ciclo: Russell non raggiunge la sublimità delle note e tenta alla meno peggio quando si vedono scalatori e grandi vallate montane. Seguono altre manifestazioni di felicità fino al brindisi della corte reale. Saturn, The Bringer of Old Age è l'episodio più cupo e desolato e difatti vediamo industrie inquinanti, ammassi di macchine in rottamazione, un processo accelerato di putrefazione di un topo (che anticipa di qualche anno Lo zoo di Venere di Greenaway), il caos del traffico stradale, l'appassire di rose, catene di montaggio ecc.. In Uranus, The Magician vediamo parate comuniste, arti marziali, lottatori di sumo, il Nosferatu di Murnau alternato a Papa Giovanni Paolo II (?!). Neptune, The Mystic chiude con una trama musicale impalpabile e ipnotica (con un indescrivibile coro femminile) e vediamo immagini di vari popoli, movimenti di danza, meditazioni, fuoco, acqua, disegni labirintici e il sito di Stonehenge come collegamento tra l'umanità e il matematico ordine supremo del Cosmo e della musica delle sfere.
Quando fu scritta la suite, Plutone non era stato ancora scoperto: nel 2000 Colin Matthews aggiunse il suo Pluto, The Renewer, brano più che discreto ma che rovina l'equilibrio della partitura originaria di Holst.
Pochi anni dopo Plutone è stato declassato dagli scienziati in quanto corpo celeste troppo anomalo per essere considerato un vero pianeta.
Bellissima l'esecuzione diretta da Eugene Ormandy con la Philadelphia Orchestra.
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