Regia di Fabrice Du Welz vedi scheda film
Un guasto alla macchina nel mezzo di un bosco costringe Marc a passare la notte nell'inquietante albergo di un certo Bartel. Presto Marc si accorge che tutti gli abitanti della zona hanno qualcosa di strano.
Un disturbante e magistrale incubo rurale, che fonde orrore psicologico e allegoria religiosa con inquietante precisione. La regia stilizzata di Fabrice Du Welz e l’atmosfera opprimente richiamano i deliri visivi di Reiner e Lynch, ma con una voce del tutto personale. Il protagonista, interpretato da un magnetico Laurent Lucas, incarna con struggente vulnerabilità la lenta e inesorabile discesa nella pazzia, vittima di un microcosmo contadino deformato dal fanatismo e dalla solitudine. La brutalità non è mai gratuita, ma insinuante, sottile, affidata più al disagio e alla tensione che al sangue esplicito. Du Welz riesce a trasformare l’orrore in poesia visiva, elevando la sofferenza a metafora spirituale. Calvaire non si limita a raccontare l’abisso: lo esplora con uno sguardo visionario, quasi liturgico, lasciando nello spettatore un senso di spaesamento e turbamento profondo. Un’esperienza cinematografica estrema, che colpisce con forza anche a distanza di tempo.
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