Regia di Vittorio De Sica vedi scheda film
VOTO 10/10 Ladri di biciclette è un film su cui sono stati versati fiumi di inchiostro e su cui, in teoria, non ci sarebbe più nulla da dire, tanto rilevante è stata la mole di importanti contributi critici su questo film. Eppure, il film di Vittorio De Sica resta un'opera appassionante che probabilmente nasconde ancora qualche segreto dentro di sé: un'opera realizzata secondo i più puri dettami del Neorealismo, di cui rimane uno dei film-cardine, ma che allo stesso tempo racchiude suggestioni derivate da altre scuole cinematografiche, con una suspense di tipo "morale", più che poliziesca, che a tratti fa pensare a un Hitchcock, e un uso delle scenografie, soprattutto in interni, che può ricordare certe inquadrature dell'Espressionismo tedesco. La vicenda dell'attacchino Antonio Ricci a cui un poveraccio ruba la bicicletta, essenziale per il suo lavoro, non ha perso nulla della sua attualità e il messaggio umanista e sociale colpisce ancora perfettamente il bersaglio: merito di una sceneggiatura firmata da ben sette autori (fra cui Cesare Zavattini, lo stesso De Sica e Suso Cecchi D'Amico), in cui i vari contributi si sono fusi armoniosamente. Il rapporto fra Ricci e il figlioletto Bruno è costruito con piccoli tocchi, all'insegna di una grande delicatezza e senza il sentimentalismo a cui troppo spesso De Sica cederà nelle opere della maturità. Opera di elevata sensibilità e calore umano, acuta e profonda nel ritratto di una realtà sociale miserabile, splendidamente padroneggiata in ogni suo aspetto da una regia cinematograficamente ammirevole. L'interpretazione di Lamberto Maggiorani resta una delle migliori mai fornite da un attore non professionista: estremamente naturale e credibile nella parte, scelto da De Sica per "la forza emotiva del suo volto e dei suoi occhi" quando Maggiorani era operaio della Breda; in seguito continuerà a fare l'attore con una serie di brevi partecipazioni e apparizioni, fra cui quella in "Mamma Roma" di Pier Paolo Pasolini. Memorabile anche il piccolo Enzo Staiola, straordinariamente convincente nel pianto finale che commuove la folla che sta quasi per linciare il protagonista dopo il suo tentativo di furto, ma, fra le tante scene indimenticabili, è assolutamente da menzionare il pranzo in una trattoria dove padre e figlio mangiano una mozzarella in carrozza e chiacchierano animatamente mentre un suonatore anonimo intona la "Tammurriata nera". Le musiche del maestro Cicognini sottolineano con la giusta partecipazione il dramma emotivo di padre e figlio in un film che all'epoca fu una scommessa produttiva, ma il cui successo mondiale ripagò ampiamente l'azzardo di De Sica.
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