Regia di Ferruccio Cerio vedi scheda film
Per saldare i suoi debiti di gioco, un ufficiale di cavalleria si rivolge a un usuraio. Prestato il denaro, l'usuraio scopre una tresca tra sua figlia e l'ufficiale; neppure il matrimonio tra i due risolve la situazione, poiché l'ufficiale comincia a frequentare un'altra donna.
Uno dei melodrammoni tipici dell'epoca, periodo di grande ascesa per il nostro cinema e di grandi professionalità al servizio del mezzo filmico; la particolarità essenziale di questo La donna che inventò l'amore sta nel fatto che la pellicola è tratta, con una sceneggiatura di Ferruccio Cerio, dal romanzo omonimo di Guido da Verona. Ma anche se si trattasse di un copione originale, a dire la verità, sarebbe difficile ritenere l'opera peculiare, dotata di tratti singolari e memorabili: La donna che invetò l'amore è un prodottino realizzato senza troppi fronzoli per essere mandato in sala il prima possibile a intrattenere il vasto pubblico desideroso di svago e intrattenimento – nulla di più. La missione è possibile, altroché, per Cerio che ha già una carriera ultradecennale e una abbondante manciata di titoli alle spalle; titoli popolari, assemblati con la dovuta perizia, ma nessuno di essi è stato un evidente successo di botteghino o di critica. Senza infamia e senza lode se ne va anche questo lavoro, una visione leggerina e scorrevole anche per merito degli interpreti, fra cui si possono ricordare Rossano Brazzi (che è anche produttore del film), Silvana Pampanini, Juan de Landa, Wanda Capodaglio, Lauro Gazzolo, Vittorio Sanipoli e Mariella Lotti (mentre in particine compaiono anche Silvio Bagolini e Franco Fabrizi). Un'ora e mezza di durata, assistente di Cerio: il futuro regista Gianfranco Baldanello. 3,5/10.
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