Regia di Theo Campanelli vedi scheda film
Stefania è cresciuta in orfanotrofio, ma raggiunta la maggiore età può uscire: va ospite del patrigno, che senza pensarci troppo su, la violenta. Stefania ripara presso una gentile insegnante che però le dimostra anch’ella un po’ troppe attenzioni. Conosce quindi un aitante pittore che sembra ispirarle fiducia…
La trama è decisamente pretestuosa, la scrittura è ben poco raffinata, il titolo prende a prestito la Malizia del film omonimo di Samperi uscito nel 1973, ma la tenuta della confezione è dignitosa e Peccato senza malizia risulta, in definitiva, una pellicola scorrevole, priva di eccessi in ogni senso (l’erotismo è contenuto, ma mancano anche snodi originali degni di nota nella storia). Insomma: a dispetto delle poche idee – cosa già constatabile dal titolo, per l'appunto – e di un certo conseguente anonimato che permea l’intero lavoro, il film non è affatto disastroso, anzi. Ed è, soprattutto, l’occasione per apprezzare tre validi interpreti troppo spesso sottovalutati dal nostro cinema: Gabriele Tinti, che qualche parte da protagonista pure l’ha avuta, e a maggior ragione Francesca Romana Coluzzi e Jenny Tamburi (tra le due, più convincente la prima). Nella parte del patrigno violento c’è inoltre Luigi Pistilli, altra sicurezza. Mistero invece attorno al nome di Theo Campanelli, che non sembrerebbe essere uno pseudonimo, eppure la sua unica firma nel mondo della celluloide la lascia qui: doppia, peraltro, sia come regista che come sceneggiatore, in quest’ultimo ruolo affiancato dall’altrettanto sconosciuto Cristian Auer. La durata della versione emersa in rete nell’estate del 2025 (tv rip, quindi quasi certamente mutilata) non arriva agli ottanta minuti, che d'altro canto per un’opera dello spessore tanto striminzito possono bastare. Non male la colonna sonora, lavoro del buon Stelvio Cipriani. 3/10.
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