Regia di Edward Yang vedi scheda film
Torcia e coltello
Taiwan, Taipei, 1960. Dopo la fine del dominio giapponese sull’isola, dopo la fine del supporto statunitense contro la Cina comunista, l’isola venne abbandonata a sé stessa. Gli autoctoni dell’isola, che assistettero all’esodo dei nazionalisti cinesi dopo la disfatta in patria, condividevano con loro un paese deformato in cerca di un sua identità, in cui le famiglie cinesi vedevano nascere i loro primi figli.
Così, questa seconda generazione, fu costretta a crescere in case giapponesi, parlando una lingua amorfa tra il mandarino e il taiwanese e sognando una cultura americana.
Edward Yang dipinge perfettamente lo smarrimento di questa nuova gioventù, prendendosi il tempo necessario a non banalizzare la situazione, anzi, evidenziandola.
Non è quindi un caso che Si’r, all’inizio del film, rubi proprio una torcia e proprio da uno studio cinematografico. Il cinema (in questo caso il luogo dove il cinema viene creato) per lui diventa il posto in cui poter evadere e sognare, fornendo gli strumenti (in questo caso la torcia) per scoprire e comprendere la realtà confusa che lo circonda.
Da quel momento in avanti Si’r porta con sé la torcia ogni volta che ne sente la necessità; che sia quando esce la sera, per vedere ciò che gli sta intorno; che sia dopo lo scontro tra bande rivali per guardare il ragazzo morire; che sia nella sua cuccetta la sera per leggere ed illuminare la foto di una ragazza; Si’r, inconsciamente, sta cercando di trovare un senso a quel mondo avvolto nell’oscurità usando una luce nella maggior parte dei casi troppo debole e che mostra una realtà parziale. Esplicativa in questo senso la scena in cui la madre (o la sorella) ricorda a Si’r che può accendere la luce in casa per vedere meglio, invece di usare la torcia.
Non ho idea se ci sia una componente autobiografica che riguarda Edward Yang stesso. La torcia potrebbe rappresentare quello che il cinema è stato per il regista negli anni della sua formazione: un faro nel buio.
Sta di fatto che Si’r porterà con sé quella torcia per tutta la durata del film, abbandonandola solo alla fine, sostituendola con un altro strumento.
In un contesto che comprende incomprensioni famigliari, battaglie tra gang e scontri con professori, Si’r trova in Ming una ragione di vita. Quella che per molti sarebbe una semplice cotta adolescenziale, per il ragazzo diventa ben presto un’oasi nel deserto, dove tenerezza e delicatezza, di cui in poco tempo cercherà di farsi protettore, possono uscire allo scoperto.
Di contro, Ming, è alla continua ricerca di una figura maschile assente tra le mura familiari e oppressa dalle responsabilità verso una madre non autosufficiente, senza la maturità necessaria per comprendere e far fronte a ciò che le accade.
Questa situazione la porta a vivere continui amori protettivi, cercando una stabilità che non riesce a raggiungere, finendo per risultare vulnerabile agli occhi di chi vuole approfittarsi di lei. Riguardo a questo è emblematica la figura del viscido medico, che promette cure gratuite alla madre malata in cambio delle “attenzioni” di Ming. Tutto questo sotto gli occhi (chiusi) delle autorità.
Si’r intuisce le difficoltà di Ming e nel suo piccolo cerca di farle da scudo e di proteggerla, lottando contro tutti, lei compresa.
Purtroppo, tra i due ragazzi c’è una quasi totale incapacità di comunicare i propri entimenti all’altro. Yang, da geniaccio qual era, lo mostra in maniera sottile ma chiarissima. Quando Si’r e Ming provano ad esprimersi, c’è sempre qualcuno o qualcosa che li interrompe o che sovrasta le loro parole; a volte è un’altra persona che si intromette nella loro discussione, a volte è la musica troppo alta, a volte sono i carri armati in movimento. I loro dialoghi e momenti insieme sembrano destinati a restare superficiali.
Questo genera incomprensioni all’interno di una relazione che rimane di fatto eterea, illudendo entrambi che possa diventare qualcosa di concreto.
Si’r capisce tutto questo troppo tardi. Quando la sua famiglia sembra sull’orlo del baratro, quando viene espulso da scuola dopo l’ennesima lite, quando vede sfumare definitivamente l’immagine che si era creato di Ming, quello è il momento in cui lascia la torcia e prende in mano il coltello. Anche qui, Yang associa la lama al periodo di dominazione giapponese sull’isola, creando un ponte tra la violenza subita dal popolo taiwanese e quella inflitta, sia dalle gang prima che da Si’r poi.
Persa ogni speranza nel suo futuro, il ragazzo pensa di vendicarsi sul “nuovo amore” di Ming, accecato dall’odio dopo che questi gli ha rivelato che per lui la ragazza è solo un passatempo. Proprio quando sta per compiere quell’ultimo disperato tentativo di protezione (tossica) nei confronti di Ming, la incontra all’uscita da scuola e la rimprovera per la sua promiscuità. Parlandole capisce che il suo desiderio morboso di essere importante per lei non sarà mai ricambiato, capisce che lei non cambierà e non riesce ad accettarlo.
La pugnala in mezzo alla strada, uccidendola.
Ci sarebbero mille altre cose di cui parlare. Ad esempio dei genitori di Si’r, oppure della sorella di mezzo, unica fedele praticante della famiglia. Il regista la descrive come l’unico personaggio a non essere preda dei turbamenti legati all'età e alla sua condizione, per poi mostrarne il crollo totale sul finale, che sembra devastare le sue convinzioni.
In quattro ore che sembrano due, Edward Yang dirige un coming-of-age estremamente politico, dove la cultura e la società taiwanese dell’epoca devono fare i conti con un mondo infinitamente più grande, restando schiacciate sotto il suo peso.
Mai didascalico, mai banale, mai presuntuoso.
Credo sia impossibile vedere altro se non la bellezza che trasuda dalle immagini di A Brighter Summer Day, anche quando ci mostra qualcosa di terribile come la realtà in cui molti vivono o hanno vissuto.
“Dal letame nascono i fior” diceva qualcuno, crescendo si arriva a capire che purtroppo non è sempre così.
Quello che è certo, è che nel 1947 è nato Edward Yang e che purtroppo ci ha lasciati troppo presto.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta