Regia di Tony Wang vedi scheda film
Wang Tong mette più carne al fuoco di quanto appaia in apparenza, dando il meglio nei momenti più intimisti e ogni tanto perdendosi in qualche lungaggine o svolazzo formale di troppo, firmando un esordio di certo imperfetto, ma coraggioso, singolare, comunicativo.

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«La situazione di sua madre è compromessa: se sfortunatamente dovesse accaderle qualcosa prima che passi un mese, voglio che mi venga pagato per intero». Questa frase macabra e cinica è l'avvertenza con la quale Xiaolin si introduce nella casa di una signora anziana in condizioni critiche nel ruolo di badante. Di lì a poco, la si osserva somministrare una pappetta e preparare un misterioso composto per poi iniettarglielo: la donna muore, lei incassa lo stipendio, quindi si getta alla ricerca di una nuova missione.
Deyong, affetto da una poliomelite che gli sta causando l'atrofia del muscolo di un polpaccio, è l'anello debole di una famiglia nella quale il padre, dopo il secondo ictus e una annessa grave emorragia cerebrale, ha bisogno di assistenza continuativa: a pagarla sarà la sorella, ma a gestire i rapporti con la persona scelta sarà lui.
Nel corso del colloquio al termine del quale viene assunta, Xiaolin ripropone la stessa macabra avvertenza del paziente precedente. E tutto potrebbe andare esattamente alla stessa maniera, se a fare la differenza non ci fosse la presenza costante di Deyong, che vivendo con il padre entra necessariamente in relazione con Xiaolin, infatuandosene.

Il contesto entro cui prende le mosse Wild Nights, Tamed Beasts, è la constatazione di come, in Cina, a livello di organizzazione politica nazionale, la vecchiaia sia una fase della vita dell'uomo sottovalutata, se non del tutto ignorata, mancando una degna rete di assistenza sociale, e venendo favorito di conseguenza il diffondersi di figure di complemento, delle quali quella oggetto del racconto rappresenta un esempio estremo e deviato: non troppo interessato però all'idea di un critica sociale da intendere in senso canonico, il regista Wang Tong, al primo lungometraggio, prende la strada tortuosa di un noir romantico e perverso che si nutre a lungo dell'equivoco nato negli occhi a cuoricino dell'uomo, che misinterpreta la condotta della donna, scambiando la sua freddezza con una timidezza nell'approccio che in realtà proprio non le appartiene, non comprendendo di essere - lui che da tempo si batte per evitare l'uccisione di un vecchio leone cui aveva badato - agli antipodi per quanto riguarda la prospettiva di vita del padre, laddove la donna, a sua volta fisicamente menomata perché portatrice di una malformazione cardiaca congenita, ha probabilmente prospettive (e programmi) brevi anche per sé stessa.
Wang Tong mette più carne al fuoco di quanto appaia in apparenza, dando il meglio nei momenti più intimisti e ogni tanto perdendosi in qualche lungaggine o svolazzo formale di troppo, firmando un esordio di certo imperfetto, ma coraggioso, singolare, comunicativo.
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