Trama
Con il film Rose of Nevada, il regista Mark Jenkin prosegue il suo percorso all’interno di un cinema radicalmente personale e artigianale, ritornando ai paesaggi isolati della costa della Cornovaglia già esplorati nei suoi lavori precedenti (Bait, Enys Men). Il film Rose of Nevada prende avvio con l’improvviso riapparire della Rose of Nevada, un peschereccio dato per disperso da trent’anni, ritrovato intatto nel porto del villaggio in cui era scomparso. Nessuna traccia dell’equipaggio, nessuna spiegazione.
La notizia scuote la piccola comunità marittima, e l’evento diventa catalizzatore di un’inquietudine diffusa, che va ben oltre la dimensione del mistero narrativo. Due giovani pescatori del luogo, Nick e Liam (interpretati da George MacKay e Callum Turner), accettano di salire a bordo della nave per un viaggio “di buon auspicio”, ma quello che incontrano in mare non è soltanto l’ignoto, bensì uno spazio-tempo instabile dove la memoria e la realtà si confondono.
Girato interamente in 16mm con una cinepresa Bolex a manovella e con tutto il suono ricostruito in post-produzione, il film Rose of Nevada si distingue per la sua costruzione sensoriale: immagini granulose, luce tremolante, sonorità dissonanti e ambientali che hanno l’intento di generare un’esperienza ipnotica e perturbante. Il mare, mai ridotto a semplice sfondo, diventa forza attiva e impersonale, simbolo di un tempo ciclico e imprevedibile.
Jenkin evita qualsiasi approccio esplicativo. Il film Rose of Nevada non propone soluzioni né chiarimenti, ma immerge lo spettatore in un’atmosfera in cui il passato non resta sepolto, la materia del ricordo si mescola alla percezione, e la linea tra reale e immaginato si dissolve. Rose of Nevada è una riflessione sul ritorno, sulla sparizione e sulla memoria collettiva.
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