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Sacrificio

Regia di Andrei Tarkovsky vedi scheda film

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La recensione su Sacrificio

di millertropico
8 stelle

Misterioso, magmatico e avvolgente, è un film attraversato da un’angoscia profonda quasi insostenibile che potremmo davvero considerare come il lascito testamentario di Tarkovskij, uno dei poeti più alti ed ispirati di tutta la storia del cinema presente, passata (e forse anche futura).

 

Misterioso, magmatico e avvolgente, è un film attraversato da un’angoscia profonda quasi insostenibile che potremmo davvero considerare come il lascito testamentario di Tarkovskij, uno dei poeti più alti ed ispirati di tutta la storia del cinema presente, passata (e forse anche futura).

 

Un’opera preziosa insomma che al suo primo passaggio in sala qualcuno si permise di definire “stralunata e incomprensibile” che invece apparve subito come una straziante parabola mistica in forma di preghiera pronunciata da un grande regista ancora una volta in stato di grazia che utilizza (volutamente) un linguaggio un po’ ostico che richiede concentrazione massima da parte dello spettatore per le tante metafore che contiene, ma limpido e trasparente nell’assunto e cosi personale nella sintesi, che il critico Sergio Frosali su La Nazione del 23 maggio 1987, definì “l’ultimo sacrificio di Andrei Tarkovskij”. Non  si trattta però di un  ermetismo d'accatto fine a se stesso come insinuò qualche critico un poco strabico se qualcosa che all’inizio può apparire oscuro e difficile da decifrare perché tutto questo è utilizzato unicamente a sostegno di uno stile e di una struttura di racconto, in cui il non detto ha più peso e valore del detto e su cui l’autore lavora di cesello per estrarne il succo vero del suo narrare. Una narrazione poi, che anche là dove non pretende di essere completamente decifrata, affascina nella sua semplicità (io la definirei intensità) sia quando si concentra sulla definizione dei caratteri dei personaggi e ne sviluppa i gesti, le reazioni ed i contrasti, sia quando ne disegna le cornici con una modalità in apparenza realistica, ma di fatto molto più complessa e variegata.

Il film è di un pessimismo abissale pieno com’è di presagi di morte. Al tempo stesso però coltiva anche una traccia parallela colma di cristiana speranza, di fede, di amore per l’Assoluto e di fiducia (non certo però verso tutto il genere umano che considera in larga parte corrotto o corruttibile). Speranza e fiducia in che cosa allora? Nella possibilità di rinascita e riscatto che possa permettere a una minoranza di redimersi e salvarsi, pur assediata com’è da ogni parte da “quella pazzia chiamata civiltà" (ancora Frosali). Per riuscirci pero si dovrà essere disposti a pagare di persona con sacrifici offerti con amore, a chi solo può intervenire per invertire la rotta, (e parlo del Soprannaturale, una costante - discutibilissima ma è solo il mio punto di vista di miscredente - che accompagna quasi tutta l’opera del regista.

Come sempre, però, queste cose, non sono esplicitate chiaramente perché rimangono nascoste fra le pieghe di un racconto che, pur tendendo all’esemplare, e facendosi ad ogni momento sempre più poetico, si affida alle apparenze di un quotidiano abbastanza inquietante.   

 

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