Regia di Benjamin Caron vedi scheda film
Lynette (Vanessa Kirby, più spiritata del solito), barista che vive con la madre sciroccata (Jason Leigh) e un fratello (Gottsagen) con la sindrome di Down che è l'unico personaggio assennato del film, ha una sola notte per trovare i 25.000 dollari che le servono per acquistare quell'abitazione ed evitare lo sfratto. Farà qualsiasi cosa, sempre oltrepassando la linea del lecito, per ottenere quella cifra.
Tratto dal romanzo omonimo di Willy Vlautin (che funziona malissimo già a partire dal titolo), il terzo film di Benjamin Caron si colloca sullo stesso solco del precedente, notevole Sharper (personaggi borderline, la menzogna che impera) e guarda al modello scorsesiano di Fuori orario (1985), ma con una costruzione decisamente meno solida e del tutto implausibile. L'odissea notturna di Lynette si traduce in una serie di incontri episodici: vecchie conoscenze che le voltano le spalle (Fox), loschi fantasmi del passato (Kelly), imbrogli da piccolo spaccio (Roth), colleghi poco raccomandabili (James) e persino il ritorno, tanto prevedibile quanto forzato, alla prostituzione (Park). Una catena che dovrebbe dare l'idea di un countdown angosciante, quasi alla Dardenne o alla Full Time, ma che finisce spesso per sembrare un accumulo meccanico di prove da superare. Sullo sfondo ci sarebbe la critica alla crisi abitativa e al baratro economico tra privilegiati e ultimi, tema d'attualità che però resta presto sacrificato alle svolte più improbabili di un copione che non osa mai davvero affondare il colpo. Non caso, produce Netflix (al risparmio) e il film, nonostante il buon ritmo e una regia solida, non va oltre il prodotto di genere, a metà strada tra il dramma familiare e il thriller.
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