Trama
Presentato fuori concorso a Cannes 2025, il film Le Roi Soleil ci porta in un bar tabacchi di provincia, luogo sospeso tra miseria e teatralità dove si incrociano esistenze marginali, personaggi che sembrano interpretare un ruolo, fino al momento in cui non si recita più. Qui, un uomo è morto e ha lasciato un biglietto della lotteria vincente da diversi milioni di euro. Aggiustando un po’ la realtà e la propria coscienza, i testimoni della tragedia potrebbero andarsene con il denaro…
Il film Le Roi Soleil si apre con un enigmatico prologo a Versailles e ci conduce in un microcosmo chiuso, quasi da tragedia in atto unico, dove l’illusione, il desiderio e la rovina si rincorrono fino al collasso. È una spirale di fiction che si mangia il reale, dove ogni stanza del bar - dalla cucina alle cantine, fino alla saletta barocca - si trasforma in metafora di una fuga narrativa che diventa prigione.
Nato come esperimento formale, il film Le Roi Soleil gioca consapevolmente con il dispositivo del huis clos, lo spazio chiuso che diventa teatro dell’anima e campo di battaglia tra verità e rappresentazione. L’intero progetto è stato pensato come un “pretesto alla messa in scena”: l’ambientazione fissa, i personaggi archetipici, la scenografia costruita attorno al découpage, tutto contribuisce a un’esperienza che sfuma i confini tra cinema e teatro. Con influenze che vanno da Dogville a un certo immaginario taiwanese, passando per l’horror anni ’70, Le Roi Soleil è anche un omaggio cinefilo e uno studio sul potere destabilizzante della narrazione.
Diretto da Vincent Maël Cardona, Le Roi Soleil è un film sulla finzione, sulla voglia di crederci e sulla difficoltà di smettere di recitare. Attraverso un impianto metacinematografico, riflette sull’illusione condivisa del racconto e sull’assuefazione alla narrazione, che sia nel cinema o nella vita. Ogni personaggio è intrappolato nella propria bolla di finzione, incapace di uscirne, mentre la forma stessa del film, che evolve dal realismo sociale all’allucinazione stilizzata, sottolinea la perdita di contatto con il reale. Si tratta anche di una riflessione sul nostro modo di vivere, sempre più immerso in codici e linguaggi narrativi, e sull’incapacità di confrontarsi con l’imprevedibilità e la brutalità della realtà.
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