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Weapons

Regia di Zach Cregger vedi scheda film

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La recensione su Weapons

di mck
6 stelle

Più che weapons: batteries (un po' scariche).

 

Quattr’e quattr’horror (e dintorni) del 2025:
• “Death of a Unicorn” (U.S.A.), commedia dark fantasy-horror scritta e diretta da Alex Scharfman: **½ - **¾
• “Bring Her Back” (AUS), horror psicologico-soprannaturale scritto da Danny Philippou & Bill Hinzman e diretto da Danny & Michael Philippou: **¾ - ***
• “28 Years Later” (U.K.), horror post-apocalittico di formazione scritto da Alex Garland e diretto da Danny Boyle: ***½ - ***¾
• “Weapons” (U.S.A.), horror-mistery scritto e diretto da Zach Cregger: **¾ - *** 

In “Weapons”, l’interessante (ah beh oh, pur’i’ogni tanto dico “interessante”) opera seconda di Zach Cregger dopo l’altrettale “Barbarian” (anche se si potrebbe ribaltare la situazione osservando il tutto da un altro PdV, ovvero: “Barbarian” mi aveva fatto sperare in qualcosa di meglio per “Weapons”, m’al contrario di quanto è avvenuto per i gemelli Philippou qui Cregger, considerando l’aumentata macchina produttiva messa in azione, compie un piccolo passo indietro rispetto al suo precedente lavoro d’esordio) e compagno di strada del “Longlegs” di Oz Perkins [non tanto per il trucco e parrucco insensato della sciùra Gladys (Amy Madigan), più timburtoniano che nicolascagesco, quanto per la questioncella della “possessione”], di alcune topiche, cioè tipiche, tematiche kinghiane, dello splendido “Carrion Comfort” di Dan Simmons, eccetera eccetera, oltre alla programmatica “assenza: più acuta assenza” (non intendo la “necessità” di una presenza percepibile “frontalmente”, ma una che presenti cause ed effetti tangibili sì, come ad esempio accadeva con gli adulti nel pur non eccelso , ma riuscito da questo PdV, “It Follows”) di stampa [anche l’inviato più boomer, niubbo e scrauso di Federica Sciarelli & C. avrebbe cavato fuori tre puntate di “Chi l’ha visto?” col solo fatto che la casa dell’unico alunno scampato alloblio di un’intera classe, quella della maestra elementare Justine Gandy (Julia...

 

 

...Garner: "Marta Marcy May Marlene", "Everything Beautiful Is Far Away", "Maniac", "the Royal Hotel", "Wolf Man"), c’ha i vetri delle finestre tappezzati inter(n)amente da fogli di giornale] ed F.B.I. (gl’inutili agenti sono citati una volta e compaiono fisicamente in un “flashback” durante la progressiva narrazione ricalcante/rifinente), quel che irrita – ma che funziona a livello sub/in-conscio, e non irrita perché funziona, ma per l’arbitrarietà del “gesto” ingiustifica-to/bile e convenzionalmente abusivo – è la gratuità fine a sé stessa tanto dell’immagine onirico-preveggente del fucile d’assalto semi-automatico svettante nel cielo notturno con tanto di display digitale [217 → 2:17] che restituisce in abisso lo sguardo ad un Archer Graff (Josh Brolin) allucinato, ma lucido, e allo spettatore da una plongée semi-divina (a volte è bello sbarazzarsi del sottotesto e cedere sia al “Lo dimo!” che al “Lo famo!”: a volte) quanto la plastica postura non verbale dei posseduti derivata (è l’inconscio collettivo, bellezza!) dal celeberrimo scatto in bianco & nero (che batte il video a colori nella memoria condivisa della nazione) del 1972 Nick Út - o Nguyen Thành Nghe - ritraente Kim Phúc scappa, nuda e napalmizzata, dal suo villaggio assieme a due fratellini e a due cuginetti più un po di soldati sudvietnamiti colpiti dal "fuoco amico" e foto/cinereporter: anche meno, anche no.

Non vorrei che fra 50 anni qualche regista israeliano girasse il proprio “Weapons” pensando – senza volerlo, per carità! – alla Gaza di oggi: chissà come corrono (quelli che ancora ce la fanno perché non stanno già morendo di fame, s’intende) i bambini palestinesi?

Belli invece il prologo, nel quale più o meno ognuno dei 17 “bambini perduti” riceve la sua inquadratura dedicata che li ritrae correre verso l’inghiottitoio della notte, e questo è un piccolo, ma eticamente prezioso, segno di rispetto morale verso le diegetiche inesistenti vittime e gli extradiegetici esistenti spettatori, e lepilogo, dotato di una buona dose di anticlimatico humor slapstick. 

E poi, sempre riguardo i bambini: a che serve tenerli ammucchiati nel seminterrato? Oltre che (così come del resto lo sono – e meglio, finale a parte, eh-eh – gli adulti) armi: batterie? Chi lo sa? Ma pure chi se ne frega. Comunque: carino. Come per i Philippou: buona la terza? Scommetterei di sì.

 

Completano il cast Alden Ehrenreich (Tetro, Twixt, Stoker, Blue Jasmine, Oppenheimer), Benedict Wong (3 Body Problem), che abita molto bene il make-up horror più riuscito del film assieme a quello della cara zietta, Clayton Farris e Justin Long, mentre alla fotografia c’è Larkin Seiple, al montaggio Joe Murphy e alle musiche Hays & Ryan Holladay più lo stesso Zach Cregger, e lungo il suddetto prologo scorre la splendida “Beware of Darkness” di George Harrison.

Più che weapons: batteries (un po' scariche).

**¾ - *** (5.75)     

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