Regia di Spike Lee vedi scheda film
Proprio quando è in procinto di compiere un'operazione titanica per rilanciare la propria etichetta, David King (Washington), produttore discografico di enorme successo, diventa oggetto di un ricatto: qualcuno ha rapito suo figlio e chiede un'enorme cifra. L'azione improvvida del rapitore, in realtà, ha fatto sì che il rapito sia il figlio del tuttofare di David (Wright). Quest'ultimo, dapprima intenzionato a sborsare l'ingente cifra, comincia a nicchiare. Ma nell'epoca dei social un comportamento del genere potrebbe produrre danni (o benefici, a seconda) incalcolabili.
Prodotto da Apple (al risparmio, e si nota), Highest 2 Lowest vede il ritorno della coppia Spike Lee/Denzel Washington dopo quasi vent'anni (l'ultimo lavoro insieme fu Inside Man, 2006). Il film è un remake di Anatomia di un rapimento, l'opera di Kurosawa che - negli anni Sessanta - fece da ponte con la versione moderna di noir. L'aspetto più interessante della rilettura di Lee sta nell'aver aggiornato le dinamiche della lotta di classe (il rapitore, ma anche il tuttofare versus il plutarca newyorchese) all'epoca dei social, ponendo comunque un dilemma morale che assume altre sfumature, non meno ricche di implicazioni. Peccato che, dietro il dilemma, affiori anche la consueta tendenza di Lee a trasformare il set in un museo personale: poster, quadri e cimeli da collezionista più che da cineasta (c'è anche la gigantografia di Kamala Harris). La regia alterna momenti di classica tensione a derive quasi pubblicitarie (Steinway & Sons ringrazia per lo sfacciato product placement). Il ritmo resta sostenuto, le domande morali non mancano, ma la nostalgia vintage di Lee finisce per prevalere sulla forza dell'allegoria sociale. Insomma, tra il vecchio che non vuole morire e il nuovo che non convince, resta un film che oscilla più che vibrare.
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