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A House of Dynamite

Regia di Kathryn Bigelow vedi scheda film

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La recensione su A House of Dynamite

di mck
8 stelle

"Un aereo come il B-2. Dovrebbe vederlo. È uno spettacolo!" ("We'll meet again some hard rain day.")

 

 

L’inclinazione si appiattisce. (Bersaglio.)


Una fittizia Helen Louise Gilson distribuisce le fittizie estreme unzioni sul fittizio campo di battaglia, Jake Baerington continua a correre verso la Casa Bianca, Daniel Gonzalez continua a vomitare sui ciottoli tra il Jarvis Creek e il Delta River (poi Tanana, poi Yukon, poi Mar di Bering), Raid Baker prende il volo, Anthony Brady cerca di ricordarsi la lezione di Buck Turgidson, la First Lady è sul set di “Last Days” (Kathryn Bigelow e il soderberghiano Scott Z. Burns di the Informant!, Contagion, Side Effects, the Report, the Laundromat e Extrapolations per Annapurna), il punto di lancio continua ad essere incognito. Potrebbe finire con un buco nell’acqua (del lago Michigan), oppure fare “Bum!” e, come punta dell'iceberg, dieci spannometrici milioni di morti (per iniziare).  

 


Colpire un proiettile con un proiettile. (Intercettazione.)


Noah Oppenheim, scampato dalle grinfie della suffragetta-bimbominkia Noah Farrow, si rifugia al focolare dell’Ordigno Fine di Mondo, che per lo meno non c’ha la faccia da pirla, e sceneggia questo Preliminari di un Disastro che Kathryn Bigelow ("the Loveless", "Near Dark", "Blue Steel", "Point Break", "Strange Days", "the Weight of Water", "K-19: the Widowmaker", "the Hurt Locker", "Zero Dark Thirty", "Detroit") mette in scena per Netflix (scrittore e regista co-producono con Greg Shapiro) inanellando le facce giuste di Rebecca Ferguson ("Dune", "Silo"), Idris Elba ("the Wire"), Jared Harris ("Mad Men"), Tracy Letts ("Bug", "Killer Joe"), Jason Clarke, Anthony Ramos, Gabriel Basso, Jonah Hauer-King, Brittany O’Grady, Aminah Nieves ("1923") e Kaitlyn Dever 

(“Unbelievable”, “BookSmart”, “Monsterland”, “No One Will Saved You”, “the Last of Us”) e la collaborazione del già sodale Barry Ackroyd (the Hurt Locker, Detroit) alla fotografia, del davidfincheriano Kirk Baxter al montaggio e di Volker Bertelmann (“In Dubious Battle”, “Dublin Murders”, “Ammonite”) alle musiche.

 

 

A House (Full) of Dynamite. (Preghiera.)


Ma la “house” è umana, la “home” no: lei si salverà, de-antropizzata (ma non de-antropocenizzata) o quasi.
Dopo “Dr. Strangelove or: How I Learned to Stop Worrying and Love the Bomb” si può solo tornare seri(osi) - e quindi, per forza di cose, in alcuni passaggi, essere veicoli più o meno consapevoli di un ridicolo involontario trasversale alle gerarchie di potere cosmopolite - e attendere il momento di perdere la battaglia (o guerra lampo) col termonucleare (bomba H con innesco a fissione e reazione a catena di fusione).

 

 

- Eh, signore... Se il pilota è davvero in gamba... Voglio dire, davvero in gamba, può far andare quell'aereo così basso che... Dovrebbe vederlo. È uno spettacolo. Un aereo grande come un B-52: coi fumi di scarico lui ci frigge i polli nell'aia!
- Ma ha una possibilità?
- Se ha una possibilità? Certo che ha una poss–!

 

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"Ho iniziato a lavorare alla sceneggiatura con tutte le intenzioni di fare del film una seria trattazione del problema di una guerra nucleare accidentale. Ma appena incominciavo ad immaginare in che modo sarebbero dovute andare le cose, mi venivano in mente idee che ero costretto a scartare in quanto ridicole. Ma in seguito mi resi conto che le cose che non prendevo in considerazione erano proprio le più verosimili. Dopo tutto cosa vi potrebbe essere di più assurdo dell'idea di due superpotenze che decidono di spazzare via ogni forma di vita umana a causa di un banale incidente, alimentato da divergenze politiche che tra un centinaio di anni sembreranno tanto prive di senso quanto oggi a noi le dispute teologiche medioevali?" – Stanley Kubrick intervistato da Alexander Walker (Stanley Kubrick Directs, 1971). 

 

 

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