Regia di Mary Bronstein vedi scheda film
If I Had Legs I'll Kill You viaggia spedito a mille all'ora dall'inizio alla fine, senza un attimo di tregua, imbottendo ogni singolo minuto di quintali di parole e discorsi non necessariamente pregni di chissà quale significato, collezionando traumi e eccessi di ogni sorta e psicanalizzandoli al respiro successivo.

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Quando il soffitto della sua camera da letto crolla, generando una voragine di un metro di raggio, Linda è costretta a trasferirsi in un vicino hotel, con il marito marinaio lontano per due mesi, e con sé una figlia in età scolare affetta da una non meglio precisata malattia che la costringe a vivere nutrita da una peg e attaccata la notte ad un macchinario da monitorare di continuo.
If I Had Legs I'll Kill You sembra calarsi in un momento casuale di un'esistenza logorante, precipitandosi, da subito, in un vortice di situazioni, suggestioni e avvenimenti che vogliono riflettere il disordine e l'ansia di una madre travolta da una responsabilità impossibile da sostenere. Perché al peso incessante della figlia da accudire in solitudine, si aggiunge quello del contesto lavorativo, che è quello in uno studio di psicoterapia nel quale da un lato ha una paziente che la mette in seria difficoltà, anch'essa madre, ossessionata dalla paura di nuocere alla figlia poppante, e da un altro è lei stessa in analisi da un collega che porta allo sfinimento con comportamenti sempre più singolari perché dettati da una frustrazione sempre più invalidante.

Mary Bronstein, che sceneggia e dirige partendo da esperienze personali, crede probabilmente che questo tipo di premessa possa autorizzare a vomitare sullo schermo (e sullo spettatore) qualsiasi disgrazia, e abusa di primi e primissimi piani spesso ingiustificati dell'onnipresente Rose Byrne (ovviamente nel ruolo di Linda), perché il film è il suo personaggio e il suo personaggio è il film, e affinché chi lo guarda non si illuda che l'empatia (se mai ve ne fosse) possa esser dispersa altrove, tiene la sfortunata figlia sempre rigorosamente fuori campo, concedendole la telecamera solo nel finale, ottenendo però come risultato di rendere ella stessa una mera proiezione.

If I Had Legs I'll Kill You viaggia spedito a mille all'ora dall'inizio alla fine, senza un attimo di tregua, imbottendo ogni singolo minuto di quintali di parole e discorsi non necessariamente pregni di chissà quale significato, collezionando traumi e eccessi di ogni sorta e psicanalizzandoli al respiro successivo, portando all'esasperazione qualsiasi evento senza distinzione alcuna, che sia l'uscita di un criceto dalla sua scatola o un'allucinazione che fa grondare il buco del soffitto, in un accanimento sensoriale francamente insensato che diventa una convulsione lunga quasi due ore. E non c'è discorso sul peso delle aspettative che generano sensi di colpa nella figura materna che tenga, perché qualsiasi pretesa di teorizzazione affonda e si scioglie nel magma indistinto di un caos artificiale e inutile.
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