Regia di Gabriele Mainetti vedi scheda film
Kung fu all’italiana. Mainetti ci riprova e cambia di nuovo genere, e dopo il supereroico e il fantastico-fantascientifico si cimenta con il film di arti marziali. Peccato che qui si sia in Italia e non a Hong Kong e difatti, purtroppo, per la seconda volta dopo Freaks Out, il film del regista per dirla brutalmente non se l’è filato quasi nessuno. Non si tratta di un filmone, ma La città proibita si sarebbe meritato molto più successo di quella sciocchezzuola senza nerbo di Follemente. E invece.
Ad ogni modo, per scendere brevemente nel dettaglio: i pregi riguardano sicuramente le coreografie dei combattimenti (che non si riducono mai al ridicolo di perle tipo John Wick con 600 nemici contro 1 e questo uno che ne esce praticamente sempre indenne, anzi lei è posta spesso in difficoltà); la capacità di mantenere sempre vivo l’interesse; una trama che per quanto basilare funziona, pur tra certe mancanze di cui si dirà; in generale un apparato tecnico di prim’ordine, dalla regia sicura e attenta alla fotografia di Carnera. Dunque, chapeau.
La città proibita (2025): Yaxi Liu
La città proibita è un film d’azione che però non si lascia sopraffare senza rimedio dalle scazzottate e persino la componente sentimentale, comunque risicata e al netto del fatto che risulta un poco forzata, non infastidisce.
Ci sono sicuramente degli scompensi (alcuni personaggi e sottotrame sostanzialmente inutili, vedi il caso del rapper figlio del boss; un paio di sequenze che si sarebbero potute tranquillamente tagliare, ovvero quella all’interno del locale di Wang con uno degli incauti clienti che prende a insultarlo e quella di sapore un po’ troppo turistico in Vespa che manco Vacanze romane), ma nulla di disarmante, cioè capace di rovinare l’esperienza di visione.
Anzi, per la quasi totalità della durata, il film mantiene un ritmo invidiabile e imbastisce almeno due sequenze d’antologia (il combattimento iniziale con gli sgherri di Wang e la sfida a due tra questi e Mei sul finale, nella cornice fumosa di un gigantesco impianto industriale a due passi dalla simil-arena dove si tiene il concerto).
La città proibita (2025): Marco Giallini
Discreti gli attori – la protagonista, bravissima nei combattimenti (non per niente nasce come controfigura, in quell’abominio di remake di Mulan del 2020), è abbastanza convincente quando deve recitare; un po’ meno il protagonista, alquanto imbambolato, nonché la Ferilli – tra i quali a primeggiare è in ogni caso Giallini, come si nota specialmente nel confronto conclusivo al ristorante quando gli basta uno sguardo per far intuire agli spettatori di aver capito che l’altro ormai sa.
Insomma, Mainetti sforna una nuova opera affascinante e interessante. Non ha ancora centrato il gran film e tantomeno il capolavoro, ma a livello puramente registico si pone oramai tra i migliori dell’asfittico panorama italico, insieme a volti noti come Garrone e Sorrentino e ad altre promesse più o meno recenti come la Delpero di Vermiglio o il Sibilia dei Smetto quando voglio.
La città proibita (2025): Yaxi Liu
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