Regia di Paul Thomas Anderson vedi scheda film
Quando so che al riguardo di un film superpompato mi ritroverò in minoranza su FilmTV, so già che nel mio splendido isolamento avrò ancora più ragione. Soprattutto trattandosi del glorificato a prescindere Paul Thomas Anderson, uno che non ha quasi mai convinto ancora più a prescindere, facendosi preferire in varie occasioni l'altro Anderson, W.S. Tutte cose che si possono dire solo quando si è-veramente- davvero liberi di pensiero, e preferir schiattare così. Purtroppo. "Una Battaglia dopo l'altra" è il classico film fatto per fare passare belle serate a Schlein, Bonelli e Fratoianni, in Italia, che si possono cullare bellamente delle loro piccole antiche presuntuose e presuntissime verità, e far dire che non tutti gli americani sono cattivi puzzoni trumpisti suprematisti. Mentre fa guadagnare diversi punti percentuali a tutti coloro che elettoralmente diranno invece come tutti i film di Hollywood, siano ormai la suprema cassa di risonanza della disastrosa e distruttiva globalizzazione. Attraverso la solita boiata che su basa su quanto sia cattiva e negativa verso tutti la civiltà dell'occidente bianco, anglosassone e protestante che sia, come ancora di più se "cristiana". Cattolici equiparati sempre a razzisti e malvagi. In questo polpettone e non potrebbe essere altrimenti visto la presenza di due campioni dei miliardari radical chic di Pacific Heights, Leonardo Di Caprio e Sean Penn, imperano le solite discriminazioni razziste rovesciate per cui tutti gli uomini bianchi sono razzisti, folli e violenti, guerrafondai ma soprattutto fragili e insicuri al contrario delle donne che nella figura delle madri e delle figlie risolvono tutto, e levano le castagne dal fuoco agli imbelli e inadeguati, protagonisti maschili. Tanto imbecille e prevedibile nel suo stesso impianto ideologico che Spielberg non poteva che applaudirlo, e questo dà esattamente la misura stessa dell'intera operazione. L'ennesima, e ormai talmente stucchevole da animare l'ancora più irritante teatrino da destra, che troverà perfetti argomenti per utilizzarlo a zimbello, soltanto per il solito vittimismo e benaltrismo di parte.
E' un fatto che un film di questo tipo fatti come avrebbe potuto essere negli anni settanta "I Guerrieri dell'inferno" (Who'll Stop the Rain) (1978), di Karel Reisz, non avrebbero proprio perché non ancora sorta questa ideologia dominante, mostrato ogni uomo bianco come stupratore anche laddove non c'entri nulla nella narrazione, rischiare costantemente il ridicolo per cui ogni maschio è pure sempre attratto programmaticamente dalle donne di colore, per cui esse sono superiori in tutto e pure in questo, oltre ad essere come ogni persona di colore, disinteressatamente eroici, moderni e non arretrati come i bianchi zotici, gran combattenti e moralmente ed eticamente in odore di santità.
E pure se un nero per pararsi il culo fa il cattivo, Anderson e i suoi collaboratori pensano bene di conferirgli e farci sapere ogni sua giustificazione possibile proveniente dal proprio passato. Indovina un po', ovviamente a causa di qualche cattiva azione di un bianco. Oltretutto maschio si capisce, perché primo bersaglio di questi film è qui siamo al supremo di tutto ciò, è la mascolinità da distruggere, ovviamente "tossica".
I bianchi devono fare solo ammenda e espiazione, come si direbbe in Cina, "rieducazione", gli immigrati sono sempre una buona cosa e tutti belli, soprattutto chi è bianco non deve girare armato perché quello al massimo possono farlo solo i neri e gli immigrati. Per difendersi oh si capisce, Anderson te lo fa capire bene in molte scene, questo. Una boiata pazzesca se non peggio una cagata, come avrebbero detto Salce e Villaggio, ben altre menti dei critici di oggi(notizia del momento in cui scrivo, il film ha avuto anche il Premio della Settimana della Critica, a testimoniare se ce ne fosse bisogno, dell'avvenuta consunzione della categoria giornalistica), con Benicio Del Toro anche lui pienamente ormai avviatosi nella categoria (in) tolleranti tromboni attoroni di sinistra, in un ruolo incastrato nel film senza granché costruzioni del suo perché. Non manca la topa fortunatamente, in veste di suore arrazzanti oltre che fumate, perché è sempre un film e la sorca non può mancare anche nelle situazioni e contesti più irrealistici.
Se non altro, il film è un buon argomento per quelle cinematografie ancora in grado di produrre qualcosa di buono-non certo quindi quella italiana-, per approfittare dei dazi trumpiani sotto forma di imposte ai film non americani del 100%, per tornare a fare affidamento sull'autarchia produttiva, visto che i filmoni americani di punta ora sono tali balle spaziali.
Propaganda anche questa al 100%, ovviamente realizzata e prodotta da sionisti a loro stesso veicolo di esaltazione e pubbliche relazioni. L'immigrazione che ci sfascia e devasta a livello di stato sociale e tutto a seguire è una cosa che va inculcata come buona per tutti, grandi e piccini, mentre tutti assieme uniti bisogna lottare contro i vari e diversi fascismi, le divisioni tra poveri che sfrutta da destra, I populismi, quando tutto quello che li produce sono altri fascisti esattamente come quelli dietro ai consigli di amministrazione che danno 150 milioni di dollari, il costo di una piccola guerra americana, per film come questo. E poi ovviamente, potentemente, dietro la intera vicenda si staglia quale vero bersaglio da abbattere la figura di Trump, della sua America, ma di cosa se è il primo amicissimo inseparabile di Israele, cioè Hollywood, quindi le stesse persone, poiché ci stanno vedete, letteralmente prendendo per il culo.
I nemici delle nuove generazioni come ci dice il film devono essere e saranno, i '' fascismi"e il "cristianesimo" che lo gestaziona e fagocita. Guarda caso però dell'"ebraismo mai si parla, non viene citato, non pervenuto, dimentico in fase di soggetto. Ma il vero pericolo secondo il film sono invece le fantomatiche sette di" ultracattolici", Supercazzole tipo I servizi segreti in Italia e la Rosa rossa o la massoneria deviata. E veri cattivi, contro invece i naturalmente buonissimi sionisti hollywoodiani. "Una Battaglia dopo l'altra", quindi, ma nel quadro di un tale lavaggio del cervello che nemmeno nel romanzo di Richard Condon, soprattutto tra immigrati e i "gentili", poiché sono gli ebrei ad avere prodotto questi film e certo non sono i tipi che lasciano mai nulla alla casualità.
Poi dal punto di vista estetico e tecnico ma solo quello potrà anche essere ben realizzato, ma è traviato in tutto il resto a partire dalle caratterizzazioni e dai protagonisti, con pure in evidenza il più sputtanato degli hollywoodisti, Sean Penn, ormai in guerra con i "nazisti dell'Illinois" fuori dai suoi film come con i renitenti alle vaccinazioni coatte e ai GP covid 1984, mentre nel film ambisce a dirigere i primi dal suo interno perché è cattivone, ovviamente. Lungo e spesso noioso come tutti i film di Anderson, pretenzioso e scombiccherato in fase di sceneggiatura ancora come ogni suo film, e poi senza dire nulla che non sia già stantio e risaputo come la sua ideologia balorda, che non fa gli interessi minimamente empatici di una battaglia contro la deportazione e le divisioni familiari degli immigrati illegali ma proprio involontariamente il suo irritante contrario. Non mancano almeno in "zona Lineker" gli LGBT, sennò che film di Hollywood sarebbe, per non farsi mancare nulla ma proprio nulla, pure Black lives Matter, E coraggiosi rivoluzionari tipo delle Pantere nere rampanti sull'arcobaleno.
Non lo avevo mai notato, ma Di Caprio invecchiando sta somigliando sempre piu' a Tracey Walter.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta