Trama
Il film The Richest Woman in the World (La femme la plus riche du monde) racconta la storia di Marianne Farrère, letteralmente la donna più ricca del mondo. Bellissima, potente, enigmatica, vive in una villa isolata, circondata da servitori fedeli, una figlia che la teme, e un passato familiare mai del tutto chiarito. Quando nella sua vita irrompe Pierre-Alain Fantin, un fotografo ambizioso e sfrontato, tra i due nasce un’attrazione fulminante e inaspettata. Ma quello che potrebbe sembrare un amore improbabile si trasforma presto in un intrico di sospetti, manipolazioni e giochi di potere.
Intorno a loro, un maggiordomo silenzioso osserva ogni mossa, una figlia distante cerca di proteggere ciò che resta dell’eredità familiare, e il passato della dinastia (segnato da collaborazionismo e antisemitismo) torna a farsi sentire, insinuandosi nelle crepe del presente. Thierry Klifa parte per il film The Richest Woman in the World, fuori concorso al Festival di Cannes 2025, da un caso mediatico celebre, il cosiddetto "affaire Bettencourt", ma il suo obiettivo non è mai stato quello di raccontare una cronaca scandalistica. Piuttosto, ha voluto scavare nella complessità umana dietro il clamore: una saga familiare piena di ombre e dolori sommersi, immersa nell'universo poco esplorato delle grandi dinastie industriali francesi. Le tracce lasciate dalla Storia, in particolare il passato collaborazionista e l'antisemitismo latente, emergono come vene profonde del racconto, senza mai trasformarsi in un messaggio didascalico, ma segnando con forza il destino dei personaggi.
La scelta del tono del film The Richest Woman in the World è sorprendente: una commedia sofisticata, in cui l'ironia serve a osservare da vicino le fragilità del potere e le disfunzioni della ricchezza, senza cadere nella condanna o nella pietà. Tutto si tiene su un equilibrio sottile tra leggerezza e amarezza, tra eccessi e solitudini. Klifa costruisce figure larger than life, ma sempre riconoscibili nella loro fame d'amore, nel loro bisogno di esistere oltre l'apparenza.
La regia si appoggia su una messa in scena raffinata e controllata. I dettagli parlano: gli ambienti eleganti, i costumi curatissimi, i silenzi pesanti. Con l'aiuto della fotografia di Hichame Alaouié e della scenografia di Eve Martin, Klifa costruisce un mondo chiuso e potente, in cui la ricchezza si avverte senza mai essere ostentata. I costumi, affidati a Jürgen Doering e Laure Villemer, diventano armature, segnali sociali, maschere. Il corpo di Isabelle Huppert nei panni di Marianne, mai vestito due volte allo stesso modo, è un manifesto estetico della sua condizione: visibile, inaccessibile, enigmatica.
Al centro del film, tre personaggi e un triangolo di tensioni: Marianne, l'ereditaria impenetrabile; Pierre-Alain (Laurent Lafitte), il fotografo ambizioso e inafferrabile; Frédérique (Marina Foïs), la figlia muta e sofferente. Attorno a loro si muove un coro di figure ambigue, osservatori impotenti o complici silenziosi. Klifa dirige i suoi attori senza cercare l'empatia forzata, ma restando fedele alla loro verità interiore. I personaggi non sono redenti, ma svelati. E questo è il loro fascino.
I neri inseriti tra una scena e l'altra strutturano il film The Richest Woman in the World come un racconto corale e frammentato. Richiamano il rumore di fondo mediatico, ma servono anche a isolare le voci, a lasciare che ogni sguardo prenda il suo spazio. Il cinema di Klifa, qui più che mai, chiede allo spettatore di ascoltare. Non per giudicare, ma per capire quanto, dietro i grandi patrimoni, restino sempre grandi crepe.
The Richest Woman in the World è il ritratto acido e affilato di un’élite che vive lontano dal mondo, dove l’amore è sospetto, la fiducia è una debolezza, e il denaro è l’unica lingua riconosciuta.
Scrivi un commento breve (max 350 battute)
Attenzione se vuoi puoi scrivere una recensione vera e propria.