Regia di Mario Martone vedi scheda film
Nel 1980 Goliarda Sapienza (una Golino magnetica), scrittrice, ex musa e compagna di Citto Maselli nonché campionessa di anticonformismo, venne arrestata per il furto di alcuni gioielli (dettaglio piccante: erano dell'appartamento di un'amica). Tradotta a Rebibbia (per soli cinque giorni, ma il film preferisce l'ellissi…), incontra alcune detenute con cui stabilirà un'amicizia tanto improbabile quanto duratura. Ispirandosi a L'università di Rebibbia, Martone - con la complicità della moglie-sceneggiatrice Ippolita Di Majo - costruisce un film che nella prima mezz'ora brilla di potenza narrativa, per poi adagiarsi in un ritmo che, pur privo di scossoni, resta saldo grazie a due attrici in stato di grazia: Valeria Golino, capace di recitare anima e corpo (nudo in diversi momenti), e una Matilda De Angelis pasoliniana, struggente e vitalissima, da applausi a scena aperta. Il film ha i suoi momenti scult - tipo la doccia collettiva in nudo integrale con Elodie, perché ogni tanto anche Martone cede al lato "cinema da festival" - ma è quando si allontana dalla cronologia per avvicinarsi al delirio che funziona meglio: Rebibbia o Piazza del Popolo, fuori o dentro, tutto si fonde nel "carcere a cielo aperto" che è la società. Bonus point per l'aggiunta di cinque brani di Robert Wyatt (compreso Little Red Riding Hood Hit the Road, usato con sfrontata genialità) alla colonna sonora (di Valerio Vigliar), che trasformano il film in un atto pedagogico contro la desertificazione musicale odierna. Come dire: chi non impara, almeno ascolti.
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