Regia di Gints Zilbalodis vedi scheda film
Mi chiedo ancora perché questo gatto superstar, novello Forrest Gump ferino, abbia stupito e affascinato una così ampia platea. Di sicuro il regista lettone, Gints Zilbalodis, è un gattaro a tutto tondo, e anche anti canaro, visto come tratta da ingenuo bambacione l’unico cagnone coprotagonista, e da infami rancorosi, ingrati e meschini gli altri canidi che appaiono all’inizio, durante e poi alla fine, ribadendo la loro inutilità alla causa.
Ma andiamo con ordine: parliamo di una storia telefonata e stradidascalica che metaforeggia grezzamente vaghe tracce di necessarie forma di convivenza, quando estreme condizioni climatiche (scenario post tsunami con l’essere umano sparito e solo suoi manufatti e architetture residue ad apparire), fanno si che virtù e complicità divengano essenziali.
Di positivo ammetto l’assenza di voci e movimenti a rendere solitamente gli animali disneyane figure antropomorfe.
In questo clima post apocalittico, ecco il gatto, il cane tonto, un lemure schizofrenico, un capibara sonnacchioso e in seguito un uccello serpentario ferito alla zampa che, appena guarito, li mollerà; tutti insieme su questa barchetta in balia della corrente e del vento tra civiltà semisommerse e qualche rarissimo spunto poetico.
Ovviamente, mentre il gatto è animato da intraprendenza, curiosità, altruismo e iniziativa, gli altri, tranne vaghi guizzi, sono il disegno perfetto dell’istintività animale, archetipi basilari di tutta una didascalia comportamentale fiacca e indolente che li vede trascinarsi in mezzo a scenari graficamente approssimativi e smossi da radissimi sussulti.
Solo il nostro Flop.. ops! Flow.. si rivelerà capace di mantenere il gruppo coeso, compreso un intermezzo fantasy serenamente bypassabile. Il richiamo ecologico giustifica quel “mondo da salvare”, ma cerchiamo di salvare anche il cinema qualche volta, senza prenderci troppo in giro..
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