Regia di Lorcan Finnegan vedi scheda film
Il "surfista" è un uomo di mezza età che ha un sogno, comprare, dopo decenni di vita in America, la casa in Luna Bay, Australia, che fu di proprietà del padre ed ha affaccio su un tratto di litorale nel quale egli imparò a "calvacare le onde" con la tavola, e trascorrere del tempo lì insieme al figlio ed alla moglie. Parte del sogno è prossimo a tramutarsi in realtà, la casa è in vendita ed il "surfista" contratta mutuo per l'acquisto. Altra parte, no; il figlio non sembra particolarmente interessato alla cosa e la moglie lo ha lasciato per un altro uomo. A rendere difficili le cose è un gruppo di surfisti, i quali, sotto la guida del carismatico Scally, impediscono con violenza a chiunque non sia del posto di praticare lo sport lungo la costa di Luna Bay. Il "surfista" ha tutti - o quasi - contro, ma ... non demorde. Lorcan Finnegan dirige un thriller atipico, di forte impatto visivo, criptico nello sviluppo della trama e ben interpretato da Nicolas Cage. Quest'ultimo veste gli abiti del "surfista", un soggetto come tanti, giunto con ogni evidenza in una fase della vita, nella quale, causa un presente privo di soddisfazioni ed un futuro ancor più incerto, si rivaluta il passato con nostalgia e rimpianto; ciò si tramuta in sogno, in simbolo, in nome del quale tutto è concesso e tutto è dovuto. Il "surfista" ha un particolare legame con la spiaggia di Luna Bay; lì fu trovato morto suo padre, tanti anni prima. Questo elemento rafforza la sua determinazione; egli non ha intenzione di piegarsi alla prepotenza di chi lo respinge. Non c'è possibilità di dialogo tra le parti. Lo scontro diventa più duro, in rapporto alla progressiva "regressione" del protagonista, un po' causa azioni dei membri della gang agli ordini di Scally - alla quale appartengono tutti gli abituali frequentatori del luogo - un po' per intrinseca fragilità di quegli accessori che rendono tale l'uomo moderno, definendone il ruolo sociale. Il "surfista", borghese tipo, perde la possibilità di comunicare, di pagare, di spostarsi. Si trova bloccato, sporco e malvestito, nel parcheggio adiacente l'accesso alla spiaggia; è costretto a nutristi di avanzi e bere acqua sporca. Si ripara all'interno della vettura del "barbone", un anziano il quale ha perso figlio e cane, a suo dire, a causa dell'attività di Scally ed intende vendicarsi. Quest'ultimo, non è un semplice capobanda. La sua è una setta; può farne parte - e quindi fare surf presso Luna Bay - chi mostra di avere la tempra necessaria, messa alla prova dalle azioni dei membri. Colpo di scena, essendo note le origini del "surfista", egli, ridotto ai minimi termini, scopre di essere vittima di un gioco crudele. Le disgrazie vissute nelle sue ultime ore coincidono con una prova di resistenza; essendo egli in grado di incassare e reagire con durezza, è ritenuto degno di far parte del gruppo. Poliziotto, banchiere, agente immobiliare, venditore ambulante, tutti coloro che hanno intralciato il percorso del protagonista, appartengono alla cerchia. Un ultimo ostacolo lo divide dalla realizzazione del suo sogno. Scally gli chiede di incendiare la vettura del "barbone". Il protagonista, non potendo far diversamente, procede, scatenando l'ira dell'anziano. La quale lo risparmia, in quanto egli può dimostrare la sincerità dei propri intenti, voler fare surf insieme al figlio in un luogo a lui familiare ed amichevole. Il "barbone" uccide Scally e si suicida, cadendo sul bagnasciuga della spiaggia, nella stessa posizione in cui, il "surfista" ricorda, fu rinvenuto il padre. Ricordo o preveggenza ? E quale rapporto lega, in realtà, il "barbone" al "surfista" ? Se non padre biologico, cosa che la differenza di età tra i due rende plausibile, potrebbe essere una sorta di genitore "ideale", la cui fine, contemporanea a quella dell'antagonista Scally, apre al protagonista prospettive interessanti circa il suo ruolo nella comunità locale, di piccole dimensioni e di fatto asservita alla setta ? E' questa una tra le possibili interpretazioni di un epilogo non chiaro; troverei, del resto, semplicistico immaginare che esso coincida con una vendetta. Buona interpretazione per Nicolas Cage; le espressioni del suo volto, sempre più stravolto, dal dolore, dalle delusioni, dalla sofferenza fisica, infine dalla cieca ira, danno conto degli stati d'animo del personaggio, la fiducia del quale in una innata bontà del prossimo è destinata ad essere fatta a pezzi dalle circostanze. Vive una rapida metamorfosi, a conclusione della quale egli stesso è indotto all'incertezza circa la propria identità. Privato dell'appariscente vettura Lexus, dell'orologio, dell'adorata tavola da surf, delle scarpe, della fede nunziale, dello smartphone - e, pertanto, del denaro, potendo pagare esclusivamente per mezzo dello stesso - egli è un uomo perso, prigioniero tra un parcheggio e la rampa di accesso che lo conduce ad una spiaggia in cui non è il benvenuto. Nessuno tra i frequentatori del luogo, con l'eccezione di una donna e del "barbone", gli dà aiuto o credito; non può allontanarsi. Di rilievo il contrasto tra l'ampiezza e la "solarità" dei luoghi ed il loro essere di fatto una trappola. Il ritmo del racconto non è particolarmente sostenuto. "Decifrare" l'opera di Finnegan non è cosa facile; già con il suo precedente "Vivarium" aveva messo a dura prova l'immaginazione dello spettatore. Con "The Surfer" il compito è ancor più arduo. Il regista stravolge alcuni topoi del cinema; Luna Bay dall'aspetto paradisiaco è una prigione senza mura, i surfisti appartenenti alla setta sono reclusi e, contemporaneamente, aguzzini, e non hanno alcunchè, se non un minimo di prestanza fisica - di fatto fittizia, solo in gruppo riescono ad aver ragione del loro ben più anziano ed imbolsito antagonista - con gli analoghi personaggi visibili, ad esempio, in "Point Break"; il "surfista", non vuole vendetta, vuole pace, ed è disposto al compromesso pur di ottenerla. Altresì, Finnegan eleva con ogni evidenza una critica contro alcuni aspetti del nostro stile di vita, mettendone a nudo le debolezze. I nostri oggetti, tanto più fragili quanto complessi, dicono chi siamo; privi di essi, torniamo cavernicoli, comunque collocati fuori dalla comunità. Il colpo di scena in prossimità dell'epilogo spiazza; quest'ultimo si presta a più di una interpretazione. Sin dall'inizio, si percepisce una certa illogicità nelle scelte del protagonista. Sembra quasi che egli desideri vivere la "regressione"; potrebbe in mille modi allontanarsi dalla spiaggia e dal contesto, ma non lo fa. Quando questa sua scelta acquista un senso di fronte gli occhi dello spettatore, buona parte del film è ... andata. Si rimane, un po', con l'amaro in bocca, perchè recitazione e fotografia per quanto valide non possono compensare la "perdita"; una seconda visione potrebbe aiutare. Consigliato ad un pubblico ... motivato.
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