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Father Mother Sister Brother

Regia di Jim Jarmusch vedi scheda film

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La recensione su Father Mother Sister Brother

di EightAndHalf
5 stelle

Padre madre fratello sorella. Tre storie (padre, madre, fratello sorella) ma la storia è una sola, che si ripete: i genitori quando i figli sono già grandi, ci si sente di meno, ognuno ha la propria vita, e si devono affrontare gli imbarazzi di un nuovo rituale incontro (dopo anni, o una volta all'anno), imbarazzi che sono comunque casa. La semplicità è già nel titolo. Sono quattro parole, e basta. Jim Jarmusch è il regista del minimalismo, d'altronde, già confermato in quanto tale da tempo. Il suo ultimo film, presentato in concorso a Venezia 82, è un ulteriore chiarimento di ciò, semmai servisse. Un sistema chiuso di riferimenti interni: discorsi sull'acqua potabile, dei vestiti abbinati (produce Saint Laurent), dei segreti non detti, una lista di farmaci o droghe, delle incomprensioni varie. Nient'altro, e quindi manna per il cinema indipendente americano (spesso fintamente minimale), che con Jarmusch è maturato negli ultimi decenni e che in Jarmusch trova un cantore relativamente radicale; c'è però il resto del mondo, e Father Mother Sister Brother rischia di essere la versione for dummies di certo cinema giapponese (Ozu), di certo cinema francese (Rohmer), di certo cinema d'autore contemporaneo (Hong Sang-soo). È cinema cinefilo per cinefili, cassa di risonanza per entusiasmo da addetti ai lavori e ragionamento comico-drammatico sul tempo morto come attivo strumento di scena. È tutto esibito, detto, volutamente artificioso, e quindi un gioco a carte scoperte in cui accomodarsi. Vuoto, e andrebbe benissimo, ma non realmente vuoto, perché lo sappiamo tutti che le immagini sono contenuti, e quindi Father Mother Sister Brother è invece pienissimo, come se su ogni tempo morto ci fosse "tempo morto" scritto su un banner appeso all'inquadratura. Stiamo al gioco, certo, ma gli crediamo alla fine quando pensa che quel "contenuto" sia invece l'affetto familiare nonostante tutto? O forse è per dare un appiglio concreto, sfiduciato in uno spettatore che già con quel finto vuoto era probabilmente a suo agio?

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