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The Silent Hour

Regia di Brad Anderson vedi scheda film

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La recensione su The Silent Hour

di nibacco
6 stelle

A seguito di un incidente in servizio che lo ha lasciato semisordo, Frank, detective della sezione omicidi di Boston, trascorre dieci mesi in convalescenza prima di rientrare al lavoro. Ma il mondo che lo accoglie non è più lo stesso: costretto a imparare il linguaggio dei segni e a indossare apparecchi acustici, si sente vulnerabile e inadeguato, incapace di svolgere il suo ruolo con la solita efficacia. Eppure, la sua determinazione non vacilla e con coraggio affronterà un gruppo di malviventi, coadiuvati da alcuni poliziotti corrotti, decisi a eliminare una giovane donna sordomuta dalla nascita, colpevole di essere testimone dell’omicidio di due spacciatori.

 

Un thriller poliziesco che segue schemi convenzionali, ma che si distingue per una narrazione intrigante e non banale. Niente programmi di protezione testimoni strutturati o protocolli formali, qui tutto si svolge in modo estemporaneo, quasi casuale, con il destino che affida la difesa della vulnerabile donna proprio a un agente alle prese con gravi problemi di udito. È proprio questa premessa a costituire il cuore pulsante del film, diretto con mano sicura dal regista Brad Anderson, noto per opere come Session 9 e The Call.

 

L’azione si concentra quasi interamente all’interno di un imponente palazzo semivuoto, abbandonato a causa di sfratti e traslochi in corso: un labirinto di stanze deserte e polverose, corridoi interminabili che riecheggiano di silenzi opprimenti, ascensori che salgono e scendono come fossero impazziti, finestre e scale antincendio che diventano vie di fuga improvvisate. E’ in questo scenario claustrofobico e decadente che i due protagonisti, braccati senza sosta dai loro inseguitori, devono lottare per sopravvivere. Si affidano l’un l’altro in un’intesa silenziosa, comunicando attraverso la lingua dei segni e mantenendo una vigilanza costante sull’ambiente circostante: privati del suono, non possono anticipare i passi dei nemici o i rumori di un’imboscata imminente.

 

Insomma, è un film costruito sul silenzio come elemento narrativo dominante, che genera una tensione costante e palpabile. Peccato, però, che non riesca a emozionare in profondità: la storia rischia di scivolare in una visione usa e getta, priva di quel colpo di scena finale che lasci il segno. La colonna sonora, in particolare, delude le aspettative, risultando debole e incapace di valorizzare i momenti di maggiore suspense; allo stesso modo, la rivelazione dei colleghi corrotti si riduce a qualcosa di scontato. Nonostante questi limiti, la regia di Anderson è solida e misurata, con un uso magistrale della fotografia per enfatizzare l’isolamento acustico, mentre le interpretazioni risultano autentiche. Tutto sommato, il film merita di essere visto.

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