Regia di Michele Placido vedi scheda film
Luigi Pirandello riceve il premio Nobel per la letteratura nel 1934, due anni prima di morire. Per lo scrittore siciliano è anche l'occasione per ripercorrere trionfi, fallimenti, invenzioni e nevrosi di una vita, a partire dall'amore per la giovane attrice Marta Abba e dai tormentati rapporti con la moglie schizofrenica Antonietta.
Nel 2022 erano usciti La stranezza, firmato da Roberto Andò, e Leonora addio, l'ultima pellicola di Paolo Taviani, superstite del fratello e collaboratore Vittorio; nel 2024 anche Michele Placido offre il suo personale tributo alla figura umana e artistica di Luigi Pirandello con questo Eterno visionario. Tre cineasti differenti, tre opere tra loro distanti, ma tre esempi di cinema d'autore di questi anni – e tutti convergono sulla grandezza creativa, nonché sulle luci e ombre nel privato, dello scrittore premio Nobel per la letteratura 1934. Nulla di sorprendente, naturale, ma la sensazione di accanimento è inevitabile. Il Pirandello di Placido è ben tratteggiato, a ogni modo, è vivace nella caratterizzazione offerta da un buon Fabrizio Bentivoglio, è un comune mortale, anche quando all'apice del successo e al contempo in balia di passioni e ossessioni. Forse di sua moglie Antonietta Portulano poco si è parlato, in generale e soprattutto nel cinema; qui il personaggio viene giustamente affidato a Valeria Bruni Tedeschi, la cui recitazione imperfetta ben si adatta alla donna nella realtà mentalmente instabile. Tra gli altri nomi rilevanti che compaiono nel cast troviamo anche Federica Vincenti, Giancarlo Commare, Dajana Roncione, Aurora Giovinazzo e, in piccole parti, Edoardo Purgatori, lo stesso Placido e la diva tedesca Ute Lemper. Centodieci minuti di durata, che sembrano a tutti gli effetti almeno il doppio data la narrazione non proprio spedita. Sceneggiatura che reca le firme del regista e di Toni Trupia. 5/10.
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