Regia di Gabriele Salvatores vedi scheda film
"Napoli, 1949. Un boato assordante, e la casa dove viveva la piccola Celestina non c'è più. Insieme alla casa, è scomparsa anche la zia della bambina. Celestina, orfana, ha già visto la sorella maggiore Agnese partire per la lontana America con lo yankee che le aveva promesso di sposarla. L’unico amico che le è rimasto è Carmine, un ragazzo poco più grande di lei, che sopravvive facendo lavoretti per le strade di Napoli"
Sono arrivato senza sapere cosa aspettarmi: un film di Salvatores con una trama di Fellini e Pinelli? Da non perdere!
Volevo assolutamente vederlo e sono riuscito a trovarlo al cinema. Lasciando da parte Favino, che interpreta molto bene il suo personaggio, il film scorre bene. La mano di Fellini si vede nell’uso del dialetto, nel tipo di ironia utilizzata e nella scelta di affrontare un tema importante con leggerezza, senza farlo pesare allo spettatore. È una storia molto significativa per i nostri tempi, in cui il razzismo in Italia è ai massimi livelli, perché ci ricorda che un tempo a cercare fortuna altrove eravamo noi. È assurdo come un film che sarebbe potuto essere politico allora, sembri ancora politico oggi, nel 2024. Le modalità e i problemi che oggi viviamo con gli immigrati sono esattamente gli stessi che i nostri antenati vivevano quando andavano a vivere in America. Purtroppo, le barriere linguistiche sono sempre esistite, esistevano ai tempi dei nostri antenati e continuano ad esistere oggi, motivo per cui una lingua come l’inglese va valorizzata, così da poter comunicare con tutti.
La scelta di mantenere il dialetto, esattamente come per Amarcord, la apprezzo e non la apprezzo allo stesso tempo. Sicuramente dà più forza al film, ma perdo il significato di alcuni dialoghi. Onestamente, continuo a vedere Salvatores come il regista italiano (insieme a Guadagnino) che osa staccarsi un po’ di più dai canoni classici del cinema italiano (ad oggi, ovviamente). La composizione di alcune inquadrature è davvero da brividi, perché sono così ben costruite e curate… Forse è perché amo le navi fin da bambino, ma come in Povere Creature e Io Capitano, rimango colpito dalle inquadrature delle navi e dal riflesso del cielo nell’acqua. Ma vogliamo parlare della prima inquadratura a New York, dove il riflesso dei due ragazzi nella pozzanghera si trasforma nella realtà? Incredibile!
La fotografia è particolarmente curata, come tutto il resto del film. Miglior film italiano dell’anno.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta