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Saint Clare

Regia di Mitzi Peirone vedi scheda film

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La recensione su Saint Clare

di Letiv88
4 stelle

Un’esperienza visiva intensa e inquietante, con spunti thriller, horror e drammatici, che però non riesce a dare coesione alla storia.

Saint Clare (2024) è un film che mostra idee e determinazione, ma fatica a centrare il bersaglio. Mitzi Peirone mescola thriller, drammahorror e suggestioni sovrannaturali, costruendo una storia cupa e tormentata che punta in alto, senza riuscire sempre a convincere. Presentato come film di apertura in anteprima mondiale al Festival di Taormina 2024, il film mostra chiaramente l’intento creativo della regista, anche se il risultato resta spesso disomogeneo e faticoso da seguire.

Clare Bleecker (Bella Thorne) ha sedici anni e vive con la nonna Gigi (Rebecca De Mornay), dopo aver perso la madre ed essere stata abbandonata dal padre. All’apparenza tranquilla, Clare è convinta di avere una missione divina: “Tutto quello che ho fatto l’ho fatto per volere di Dio. Sono nata per fare questo e non ho paura.” Uccide uomini malintenzionati, certa di agire nel giusto, ma la sua coscienza, incarnata nel fantasma del postino Bob (Frank Whaley), le appare continuamente, ricordandole il peso delle sue azioni, mentre il poliziotto Timmons (Ryan Phillippe) indaga sui crimini recenti e comincia a sospettare di lei. Quando altre ragazze spariscono, Clare indaga per conto proprio e scopre una rete criminale dedita al rapimento e allo sfruttamento sessuale di giovani donne, e la linea tra fede, follia e vendetta diventa sempre più sottile.

Dopo Chimera (Braid, 2018)Mitzi Peirone conferma uno stile personale e visionario, usando colori accesi, luci innaturali, inquadrature sghembe e un montaggio frammentario che guidano lo spettatore nei percorsi interiori di Clare. La città anonima in cui si muove, una “tana del coniglio” tranquilla ma insidiosa, contribuisce al senso di isolamento e al tono cupo del film.

I motti di Giovanna d’Arco – “tutto quello che faccio viene da Dio; non ho paura di niente; le fiamme dentro di me sono più importanti di quelle attorno a me” – sottolineano determinazione e intensità della protagonista, amplificate dalla regia. Alcune scelte visive colpiscono e costruiscono tensione, altre risultano più decorative che funzionali, creando un’esperienza intensa ma a tratti faticosa.

La sceneggiatura, scritta da Mitzi Peirone e Guinevere Turner e tratta dal romanzo Clare at Sixteen di Don Roff, parte da un’idea forte: una giovane donna investita di una missione divina, divisa tra giustizia e follia. Temi come colpa, vendetta e alienazione sono presenti, ma lo sviluppo resta a tratti superficiale, con situazioni e simboli che si accumulano senza un percorso emotivo chiaro.

Il romanzo originale, più ironico e grottesco, è stato trasformato in chiave drammatica. L’adattamento ha modificato età e ambientazione, spostando la storia dal liceo al college per adeguarsi a Bella Thorne, la cui interpretazione, pur efficace, non restituisce del tutto i sedici anni di Clare, conferendo al personaggio un’aria più adulta.

Bella Thorne sostiene l’intera storia, alternando determinazione glaciale a fragilità sottili, diventando il vero centro del film. Rebecca De Mornay, nel ruolo della nonna Gigi, rappresenta un punto di riferimento emotivo, ma il personaggio resta poco sviluppato.

Frank Whaley interpreta il postino, la cui apparizione come fantasma incarna la coscienza di Clare e sottolinea il peso delle sue azioni, servendo più alla funzionalità narrativa che alla caratterizzazione. Ryan Phillippe veste i panni del detective Timmons, guidando lo spettatore tra gli sviluppi investigativi senza aggiungere profondità. Gli altri personaggi rimangono sullo sfondo, funzionali alla storia ma poco incisivi.

Saint Clare è un film che ci prova con convinzione. L’impegno, lo stile visivo e la presenza magnetica di Bella Thorne tengono in piedi un racconto interessante ma imperfetto. Mitzi Peirone mostra coraggio e idee, ma senza una solidità narrativa sufficiente a dare equilibrio alla storia. Resta un esperimento esteticamente curato e a tratti suggestivo, ma troppo disomogeneo per lasciare un segno duraturo.

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