Regia di Babak Jalali vedi scheda film
A Babak Jalali, interessante regista di origine iraniana ma cresciuto a Londra, interessano i punti di vista sulle comunità di rifugiati o su chi vive ai margini. In "Fremont", attraverso la figura di Danya, giovane rifugiata afghana in California, fornisce uno spaccato minimalista di chi si deve adattare a vivere in un altro paese. Non lo fa attraverso un film enfatico o retorico, ma, appunto, usando tutti gli strumenti di un Cinema minimale, dal bianco e nero al formato in 4:3, concludendo il tutto in poco meno di novanta minuti. Danya è impiegata in una fabbrica di "biscotti della fortuna", inventa le frasi dei famosi bigliettini, e la sua vita trascorre monotona e sempre uguale, fra il motel dove vive e poco altro. Un giorno ha un'idea, che cambierà, si suppone, la sua vita e, forse, il suo futuro. Attorno a questo "scompenso" si muove un film lento, sicuramente, un po' verboso, ma affascinante, dominato da una fotografia molto bella e da un'attrice espressiva. Non c'è l'America che conosciamo, non la vediamo proprio, i protagonisti sono altri rifugiati afghani e la comunità cinese, e si empatizza facilmente con questa ragazza forte e intelligente. Cinema periferico ma che ha ottenuto un certo successo, del tutto meritato, anche se non è cosa per tutti, visto che non concede niente allo spettatore, se non nella seconda parte, superiore alla prima. Un regista da approfondire (qui sta fra Jarmusch e Kelly Reichardt) e un film facilmente recuperabile sulla splendida piattaforma di RaiPlay.
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