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La generazione perduta

Regia di Marco Turco vedi scheda film

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La recensione su La generazione perduta

di barabbovich
5 stelle

Erano gli anni Settanta e l'Italia stava vivendo una nuova, coloratissima rivoluzione culturale e sociale. C'erano gli indiani metropolitani, Potere Dromedario e gli antagonismi tra PCI e Avanguardia Operaia. È in quel contesto che da noi, come in buona parte dell'Occidente, arrivò un'ondata di eroina capace di travolgere le piazze e i sogni di una generazione intera. Carlo Rivolta, cronista per la neonata "Repubblica", decise di occuparsi della faccenda con una tenacia che sconfinava nell'ossessione: voleva raccontare filiera, rituali, tagli, terapie, stereotipi. E lo fece andando oltre l'osservazione, fino a calarsi nel "campo di indagine" con l'ardore di un antropologo che però finisce vittima della tribù che studia. La voce narrante di Claudio Santamaria restituisce articoli, diari e appunti, mentre scorrono materiali d'archivio e interviste a chi lo conobbe, tra cui Enrico Deaglio ed Emanuela Forti (sua compagna all'epoca), testimoni diretti di una spirale che lo porterà a essere messo alla porta da Scalfari, accolto a "Lotta Continua" e infine trovato senza vita a soli 32 anni.

Ancora una volta Marco Turco racconta un personaggio "estremo" (come lo erano stati Falcone e Borsellino, Rino Gaetano, Basaglia e Fallaci nelle sue opere precedenti), ma qui il quadro generale risulta sfocato: il titolo promette un'indagine sulle cause di quella diffusione devastante, ma il film preferisce concentrarsi sul volto di Rivolta, lasciando fuori elementi chiave come quello all'operazione Blue Moon o l'analisi politica del fenomeno. Così, più che un affresco storico, resta una sineddoche: Carlo per tutti. Peccato che la costruzione filmica, a tratti dozzinale, non sfrutti appieno l'enorme mole di fonti disponibili, al punto da rendere incomprensibile l'intento, non dico pedagogico, ma quanto meno divulgativo. Premi e riconoscimenti (Nastro d'Argento compreso) non cancellano la sensazione che, pur partendo da un materiale incandescente, il documentario si fermi un passo prima di bruciare davvero.

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