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La tigre e il dragone

Regia di Ang Lee vedi scheda film

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Aguirre

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su La tigre e il dragone

di Aguirre
4 stelle

Il vero cinefilo è colui che letteralmente gode alla visione di un gran film quando non se lo aspettava tale, ed è anche colui che si intristisce se un gran film si rivela in realtà di gran lunga inferiore alle aspettative. Ricordo che quando era uscito al cinema, avevo manifestato in cuor mio l'intenzione di andare a vedere "La Tigre e il Dragone", di cui avevo visto qualche sporadica scena in televisione e nei trailers. Per qualche provvidenziale (col senno di poi) motivo, che tuttavia ora non ricordo, non andai, e mi consolai con l'idea che l'avrei noleggiato in cassetta o in dvd.
Oggi, che quel momento è arrivato, posso considerarmi fortunato di non aver scialacquato i miei denari per un film tra i peggiori (se comparati con le aspettative) cui abbia assistito negli ultimi tempi.
La trama è quanto di più banale si possa immaginare. Siamo nella Cina medievale (nel film si fa riferimento anche ai nomi delle dinastie, ma confesso la mia ignoranza in proposito): la solita ragazza di buona famiglia è controvoglia promessa sposa del rampollo di un'altra famiglia potente, ma sogna una vita avventurosa, al fianco del consueto ribelle bandito hippie-style che vive nel deserto e che aveva conosciuto tempo prima per essere stata da lui quasi rapita. Conosce quasi per caso il grande maestro di arti marziali Li Mu-Bai (un sempre bravo Chow-Yun-Fat), che le chiede di diventare sua allieva. La storia si dipana tra varie avventure, fino alla morte di Li Mu-Bai e al ricongiungimento con l'amato predone pseudo-figo e capello-lungo.
Il vero problema, al di là della storia, è che trattasi di un film ambizioso, che si propone evidentemente di coniugare poesia e violenza, arte del corpo e pestaggi, ma finisce con il risultare solo un inutile e stucchevole esercizio di stile, oltremodo freddo e distaccato, e perfino nei momenti che dovrebbero coinvolgere maggiormente lo spettatore (tipo la fuga d'amore nel deserto o la morte di Li Mu-Bai) non comunica alcunché, finendo per essere pomposo e retorico.
L'antipatia che suscitano tutti i personaggi femminili (la protagonista è un agglomerato di negatività: lunatica, infida, violenta, falsa, ecc.) non consente mai di parteggiare per loro, sebbene lottino per motivi condivisibili, quali l'apertura delle scuole di arti marziali anche alle donne e l'acquisto della libertà dalle ferree e stupide regole sociali dell'epoca.
Quanto al motivo per cui il film ha avuto successo in Occidente, cioè i combattimenti corpo a corpo, francamente li ho trovati grotteschi, esagerati ed incomprensibili.
Il pensiero non può non andare ai combattimenti acrobatici di "Matrix", tra l'altro coreografati dallo stesso maestro di arti marziali, ma le differenze sono lampanti.
In "Matrix" la spiegazione dei voli, delle corse sulle pareti, dei balzi anti-gravità c'era ed era chiara e razionale: i personaggi si muovevano all'interno non della realtà, ma di un programma le cui regole, una volta raggiunta la consapevolezza di ciò, potevano essere agevolmente infrante. Ne "La Tigre e il Dragone", invece, tutto è realtà e allora non si capisce (dato che non si tratta né di una fiaba, né di un film di fantascienza, né di un fantasy) come facciano a volare i personaggi e soprattutto perché mai debbano farlo.
Sono tecniche a metà strada tra "Il mio nome è Remo Williams" (ve lo ricordate?) e il cartone animato "Ken il guerriero": corse sull'acqua, sui tetti, sui fusti di bambù... povero Isaac Newton! E c'è perfino una scuola, la scuola di Budan: non sarà mica la divina scuola di Hokuto?
Sono combattimenti che non affascinano e di cui non si comprende il motivo, se non con la forzata spettacolarità di alcune scene a discapito della credibilità delle stesse. E, come se non bastasse, questi combattimenti in alcuni casi diventano anche ridicoli: la vecchia obesa (Volpe di Giada, pericolosissimo criminale... ?!) che svolazza maneggiando con destrezza ogni tipo di lama raggiunge punte di involontaria comicità.
Se questi sono i film che da trent'anni si fanno ad Hong Kong, la speranza è che ivi rimangano e che soprattutto non superino mai più i confini di quel Paese.

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