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AK-47: Kalashnikov

Regia di Konstantin Buslov vedi scheda film

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La recensione su AK-47: Kalashnikov

di nibacco
7 stelle

Fronte sovietico, 1941. Un sergente carrista, Mikhail Kalashnikov, dopo un periodo di ospedalizzazione per una ferita riportata in combattimento, viene posto in convalescenza. Scrive alla madre annunciando il suo imminente ritorno, ma durante il viaggio in treno decide di scendere a Matai, un piccolo villaggio kazako dove, prima della guerra, aveva lavorato in una fabbrica di locomotive. Qui, mostra al direttore uno schizzo di un'arma automatica e chiede supporto per realizzarla, ma riceve un secco rifiuto. I dipendenti della fabbrica, invece, restano affascinati dal progetto e si offrono di aiutarlo. Insieme creano un fucile automatico di cui Mikhail va fiero e che presenta al comando militare. Nonostante l’arma sia un po’ rudimentale, un generale intravede in lui un grande potenziale e lo raccomanda per un concorso nazionale dedicato alla progettazione di armi sofisticate per l'Armata Rossa. Inizia così un lungo periodo di alti e bassi – tra speranze, delusioni e trionfi – che porta il sergente a inventare un'arma rivoluzionaria, potente e affidabile, destinata a segnare la storia: l'AK-47, che porta il suo nome e simboleggia ancora oggi non solo le forze armate russe, ma anche la resistenza armata in tutto il mondo.

 

Il film narra la vicenda di un uomo di origini contadine, privo di istruzione formale ma dotato di un talento innato per l'invenzione. Ricordi di una balestra costruita di nascosto nella fabbrica in cui lavorava, insieme a flashback che lo mostrano da bambino intento a creare un'arma da fuoco con materiali di fortuna, testimoniano la sua predilezione per gli oggetti 'offensivi'. Questa passione raggiunge l'apice durante la Seconda Guerra Mondiale: Mikhail, al comando di un carro armato T-34, cerca prima di migliorarne le prestazioni, per poi dedicarsi alla creazione di un fucile automatico capace di fronteggiare l'esercito tedesco, noto per la sua superiorità tecnologica."

 

Pur affrontando un tema bellico, il film evita ogni forma di violenza gratuita, preferendo esplorare il mondo interiore dei protagonisti. Emergono sentimenti autentici: l'amore tra Mikhail e la sua talentuosa compagna Ekaterina, disegnatrice; l'amicizia sincera tra i collaboratori e una competizione leale tra i concorrenti che partecipano alla creazione di armi innovative. La sceneggiatura scorre fluida sorretta da una buona colonna sonora che valorizza la narrazione. L'ottima fotografia, poi, cattura i toni caldi dei bei paesaggi russi infiniti, con brevi accenni ai freddi scenari di guerra all'inizio, donando al racconto una dimensione contemplativa, dove la bellezza prevale sulla durezza della guerra.

 

Un plauso al regista Konstantin Buslov, che trasforma un soggetto potenzialmente didascalico in un'opera coinvolgente e umana, cercando di tenersi lontano da stereotipi propagandistici,  anche se la critica, al contrario, lo accusa di retorica, di edulcorazione e di propaganda sovietica. È ovvio preoccuparsi e indignarsi quando si progettano oggetti che generano morte, ma in tempi di guerra, di occupazione e di oppressione diventa comprensibile e legittimo dotarsi di quegli strumenti, possibilmente i più avanzati possibili, che permettano di difendersi e non soccombere. Naturalmente è un mio pensiero che può non essere condiviso. Tornando al film, per quello che mi riguarda, è ben confezionato e ben interpretato e invita a riflettere sul genio delle mani umili, celebrando l'innovazione nata dalla passione pura anziché da agende ideologiche.

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