Regia di Sydney Pollack vedi scheda film
Questa è la leggenda di Jeremiah Johnson (Robert Redford), che stanco della guerra e dell'inarrestabile progresso dell'uomo bianco, o forse chi lo sa.. scelse di abbandonare per sempre il mondo "civilizzato". Fu da quel giorno che la vita dell'uomo avrebbe preso un sentiero inaspettato e irreversibile, ma ormai i "dadi" erano stati "tratti" e così incurante delle dicerie sulle terre selvaggie si recò all'armeria per acquistare un buon fucile. Acquistò un calibro 20, si accontentò, anche se un calibro 12 avrebbe fatto più al caso suo. Le
Montagne Rocciose non sembravano distanti, così deciso a intraprendere la vita del trapper, chiese a un passante dove poter trovare della buona selvaggina e partì seguendo le indicazioni.
Il mestiere che aveva scelto non era affatto semplice e l'inesperienza di Jeremiah in quelle montagne sarebbe stata pagata a caro prezzo se non si fosse specializzato nella caccia. Inoltre lo sguardo ostile di un capo tribù indiano dei "Corvi Rossi" che lo stava fissando incuriosito, faceva presagire che in quelle terre non era il benvenuto. Fortunatamente quell'incontro non aveva generato conseguenze gravi, ma Johnson non era riuscito a procurarsi del cibo con la pesca..
Il tempo passava e la fortuna girò dalla parte giusta quando trovò un fucile Hawken calibro 12 in mano al corpo morto congelato di Hatchat Jack, cacciatore bianco vittima del gelido inverno. Jeremiah con quel fucile riuscì a procurarsi della selvaggina, ma anche a far scappate un enorme grizzly all'ansiano Artiglio d'orso Chris Lapp (Will Geer), immancabile vecchietto doppiato con la tipica voce stridula, e personaggio ricorrente nelle cronache leggendarie del vecchio West. E così il giovane cacciatore strinse una breve ma fruttuosa amicizia con l'eccentrico Lapp, che gli insegnò vari trucchi del mestiere e a sopravvivere all'addiaccio. Inoltre il vecchio cacciatore era abilissimo nella caccia agli orsi..
Ma Jeremiah dopo essere stato ospitato e avere appreso degli ottimi insegnamenti da Lapp decise che avrebbe proseguito da solo..
Il rigido inverno era terminato, un giorno vagando errante per terre inesplorate un macabro scenario gli si presentò davanti. Una famiglia uccisa dagli indiani a pochi passi dalla loro abitazione, e una madre impazzita in preda al panico che parlava con il figlio ucciso. Gli indiani hanno preso gli scalpi, forse "Piedi neri" pensò Jeremiah, cercando di far abbasare il fucile alla donna che vedendolo si era avvicinata puntandogli l'arma contro.. Decise di dare degna sepoltura ai martiri prima di allontanarsi da quel luogo e da quella donna che aveva perso la ragione. La donna però prima di andarsene lo scongiurò di portare con se il piccolo figlio unico supestite. Jeremiah si fece carico del piccolo e taciturno Caleb (Josh Albee) e prosegui la sua avventura, anche in quelle terre desolate si potevano fare incontri inaspettati, come ad esempio un bislacco individuo calvo sepolto dal collo in giù sotto il sole cocente. L'uomo, dopo essere stato salvato si presentò a loro con il nome di Del Gue (Stefan Gierasch) e la comitiva acquistò un altro protagonista.. Nel tragitto convinse Jeremiah ad aiutarlo nella vendetta e a recuperare il mal tolto a quei bastardi dei "Piedi Neri". L'agguato fu propizzatorio ma incosciente i cavalli di Gue comunque furono recuperati, rimessisi in cammino giunsero nei territori della tribù delle "Teste Piatte" dove vennero accolti. Jeremiah offre al capo degli scalpi e i cavalli rubati ai "Piedi Neri" storici nemici delle loro tribù. Il capo accettò i doni con molto riconoscimento ma secondo le loro usanze avrebbero dovuto ricambiare con altri altrettanto validi. Cosi Il capo dona in sposa a Jeremiah sua figlia, Gue consiglia all'uomo di accettare lo scambio per non far arrabbiare il capo tribù e Jeremiah vola a nozze con la bella indiana..
Tempo dopo Jeremiah si stancò della vita nomade e si stabiì con la famiglia, cioè sua moglie indiana Cigno pazzo (Delle Bolton) e Caleb, in un'abitazione costruita con le loro mani in riva a un ruscello e riparata dai venti gelidi invernali. Ormai i legami affettivi dei tre si erano consolidati ma un giorno un plotone dell'esercito convinse l'uomo a guidare una spedizione di soccorso ad un gruppo di carri sperduti. In quella carovana c'erano delle famiglie cristiane e dovevano essere messe in salvo perchè quelli erano territori dei temibili "Corvi Rossi". Jeremiah accettò di aiutarli ma nel tragitto si imbatterono in un cimitero indiano, non c'era altra via alternativa e il cimitero non poteva essere violato dai "bianchi". Jeremiah consigliò di tornare indietro, attraversare un cimitero indiano avrebbe portato a tutti terribili conseguenze.. ma la spedizione si rifiutò, intenzionata a proseguire senza di lui. Il cacciatore ci ripensò e invitò la spedizione a seguirli con cautela senza fare rumore. Raggiunti i supestiti Jeremiah consigliò alla spedizione di sbrigarsi e tornò indietro, ma giunto in prossimità del cimitero una terribile senzazione travolse l'uomo, forse era la maledizione per aver violato la terra dei morti.. Galoppò senza sosta fino a casa, forse il malefico presagio si era compiuto.. I suoi cari erano stati brutalmente assassinati..
Analisi critica.
"Corvo Rosso non avrai il mio scalpo" è un western indispensabile. Capolavoro revisionista ma solo in parte, questo film diverge dalla "lezione morale" e sarcastica di quella gemma preziosa del "Piccolo grande uomo", probabilmente il capostipite del sottogenere stesso. Qui, in questo teatro drammatico condizionato da due elementi spirituali predominanti: lo spettacolo della natura onnipresente che si erge dinanzi al creato animale come monolite inscalfibile. Quella natura che pretende, che non perdona ma rapisce il cuore dell'uomo incapace di fare a meno di quell'amore incondizionato e alle volte tossico. Una metafora western ricorrente e giusta questa, che deve essere raccontata per dare il giusto spessore a questo genere intramontabile. Dall'altra parte condizionato dalla violenza, dalla rabbia, ma anche dal rispetto reciproco per la sopravvivenza. La sopravvivenza associata alla vendetta che non fa distinzione razziale e che detiene le sue feroci regole. "Corvo Rosso non avrai il mio scalpo" reinterpreta forse il concetto etereo della dominazione territoriare. È il manifesto della sua generazione che fu capace di ispirare le produzioni successive dove il western revisionista venne ulteriormente modificato, dando il giusto valore alla complessa civiltà autoctona dei nativi americani. Anche se probabilmente non c'è mai stato un giusto o uno sbagliato. Non c'è un buono o un cattivo ma solo un metaforico deterrente contro azioni stupide e avventate. Il buon senso è necessario, simboleggiato da quelle mani alzate in segno di pace e da quel ghigno liberatorio.. Queste sono le principali regole morali che questo grande film è in grado di insegnare egregiamente ancora oggi.
Regia di Sydney Pollack.
6-7/10
Corvo Rosso non avrai il mio scalpo! (1972): Robert Redford
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