Regia di Marco D'Amore vedi scheda film
Colpisce. Anche se la recitazione è forzata. Anche se la trama è forzata, e poco verosimile: comunque i pregi superano i difetti.
Stando ai difetti, tutto è troppo estenuato: asseconda una vocazione napoletana, e televisiva, un po’ troppo popolareggiante, nei gusti. Pesante è anche la scrittura del protagonista: sempre un po’ troppo arrabbiato, tormentato; un personaggio eccessivamente “scritto” appunto. Troppo caratterizzato, tanto da apparire innaturale, circonfuso da un’aura ben poco credibile.
Ma tutto ciò è controbilanciato da altri pregi, altrettanto partenopei: la collocazione nella vita popolare; la freschezza, l’autenticità, la semplicità e la chiarezza del vissuto e delle esperienze, a partire da quelle infantili. Sotto questo profilo, ecco i bimbi adultizzati, così come la miseria.
I pregi sono anche tanti altri: la musica dei Mokadelic; la fotografia; l’inizio, di grande effetto drammatico; la serietà messa nella contraffazione, così come nel confezionamento della droga – attività ovviamente non lecite, ma eseguite con sopraffina solerzia, in quanto nell’economia reale del posto incidono, e danno lavoro e più profitto che altro.
La sceneggiatura, poi, è – sì - eccessivamente contorta e artificiosa: eppure il continuo flashback degli affetti è splendido, nel mostrare le radici psicologiche degli atti del protagonista. Il quale appunto è condizionato, e inevitabilmente, dalle figure adulte che hanno contrassegnato, nel bene e soprattutto nel male, la sua infanzia. E così doveva essere, a maggior ragione perché è cresciuto senza i genitori naturali, in un contesto dove tale deprivazione, drammaticamente, è molto più comune che altrove – per vari motivi.
Tanti fatti saranno anche inverosimili, però sono anche trovate notevoli.
Nella intensa, mediamente buona artisticamente, produzione dei film di questo secolo sulla camorra – al di fuori di una, spesso ottima, produzione documentaristica - questo appare come uno dei migliori.
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