Regia di Bi Gan vedi scheda film
Il folto comparto di ispirazioni, omaggi e furti, ha una fin troppo marcata derivazione, ma la grande forza del film risiede nel darvi nuova linfa - con una chiara direzione artistica - in primis per mezzo di un fotografia impregnata di giochi di luci e di tenebre, offuscamenti, trasparenze e riflessioni, perfette per definire un universo narrativo ovattato, in cui è arduo non smarrirsi. Lo spettatore stesso, così come il protagonista, si ritrova immerso in un vivido sogno ad occhi aperti, che è al tempo stesso disperazione e rifugio, dove i confini tra memoria e onirismo si intrecciano senza soluzione di continuità, e la transitorietà della vita sembra poter essere sopraffatta dall’eternità.
Il Voice over in stile noir, insieme narratore e flusso di coscienza in auto-analisi, conduce lungo un sentiero di alienazione personale ed ambientale, dove amore e desiderio distorcono il tempo, sfalsando la percezione del ritmo biologico.
L’interminabile piano sequenza finale è tutto fuorché pura maniera, e la brillante soluzione di girarlo in 3d rafforza ulteriormente la scelta di uno stile radicale, senza mezzi termini, inevitabilmente imperfetto ma sempre funzionale al racconto.
Le sensazioni, che prevalgono sulla razionalità, sono acuite dagli splendidi effetti sonori (prevalentemente acquatici) di concerto con il tema musicale principale, e restituiscono con efficacia l’andamento sinuoso dell’allucinazione ma anche della vita stessa, dove tutto pare al contempo criptico ed estremamente chiaro.
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