Regia di Andy Muschietti vedi scheda film

It (2017): locandina
Stranger Fears. Oramai è risaputo: Stephen King è un autore tanto importante per la letteratura orrorifica quanto arduo da trasporre al cinema. Tra le righe concepite dallo scrittore statunitense, si cela infatti una complessità tale da renderlo unico, impossibile da emulare, sia sulla carta che, per l'appunto, sul grande schermo. Con IT già ci provarono decenni orsono; nel 1990, Tommy Lee Wallace, scenografo di John Carpenter, diresse una miniserie televisiva con protagonista l'iconico Tim Curry, unico elemento efficace di un prodotto trascurabilissimo. A distanza di 27 anni (guarda caso!), Warner Bros. affida ad Andrés Muschietti (che diresse l'horror Mama, prodotto da Guillermo del Toro) il compito di portare una volta per tutte IT al cinema. Il risultato - dopo una sola visione, ahimè, doppiata in italiano - è pregevole, ma non eclatante quanto ci si poteva aspettare dal consueto entusiasmo della critica statunitense. IT, "esso", è una creatura indefinibile, indecifrabile, che può assumere qualsiasi sembianza; la sua forma più 'umana' è quella di Pennywise, il clown danzante, una reboante e grottesca allegoria del male assoluto, capace di insinuarsi nella mente di ogni essere umano, e manifestarsi fisicamente con l'ausilio delle paure che affligono le sue vittime, per lo più bambini. Questo primo capitolo segue le vicende di un gruppo di ragazzini, Bill, Beverly, Richie, Stanley, Eddie, Ben e Mike, ognuno dei quali è perseguitato dalla figura del clown e da una banda di bulli che sembrano essere 'ossessionati' dai più piccoli - il secondo capito sarà ambientato 27 anni dopo, con i medesimi protagonisti divenuti adulti.
Indubbiamente Muschietti ci fa dimenticare quel vecchio prodotto colmo di falle, riuscendo, là dove Wallace fallì, ad inscenare l'affascinante universo di King, il quale si respira facilmente, insieme ad una quasi inevitabile ondata di anni '80; tuttavia, a differenza di opere come Super 8 o la discussa serie TV Stranger Things, IT non punta alla nostalgia (o almeno non con così tanta determinazione), ponendo ben altro come obiettivo ultimo. Il merito va senz'altro, oltre che al regista, agli sceneggiatori Chase Palmer, Gary Dauberman e Cary Fukunaga (autore di True Detective e Beasts of No Nation), che comunque non si sono lasciati mancare qualche (giusto) omaggio all'immaginario collettivo di un'era passata: basti pensare alla locandina di Gremlins, appesa nella cameretta di uno dei ragazzi. Insomma, nemmeno per un quarantaquattrenne argentino è stato facile sfuggire dalle grinfie di quel cinema che, nel bene e nel male, in un modo o nell'altro, ci ha accompagnati e cresciuti. Quel cinema accogliente, amichevole, che un tempo si definiva New Hollywood, i cui (alcuni) baluardi sono Robert Zemeckis, Francis Ford Coppola, Martin Scorsese, George Lucas, Michael Cimino e, ovviamente, Steven Spielberg. Un po' come Goonies, Stand by Me e il già citato, assai furbo, Stranger Things, IT, più che uno spaventoso film horror, è un'avventura; un film di formazione, sulla formazione, sulla maturità, sugli ultimi istanti di quella fase della vita che purtroppo finisce, lasciando il proprio posto al diabolico mondo dei 'grandi'. Non è un caso che i visi dei pochi adulti visibili in scena ricordino Pennywise: i cattivi sembrano essere i genitori, e alcuni di loro nascondono nel proprio cuore un male ancor più nero e nefasto persino di IT (il padre di Beverly ne è il drammatico esempio). Personalmente, mi piace pensare a Pennywise come ad una reincarnazione della crescita che tutti noi, nessuno escluso, dobbiamo affrontare. Al di là di tutto, la forza del film sta nell'essere riusciti ad unire il cinema di Chris Columbus, Joe Dante e Wes Craven, realizzando così un film che ha due facce: una bambinesca e l'altra più ricercata, come, per l'appunto, quella fase intermediaria tra l'infanzia e l'adolescenza.
C’è però da dire anche che è evidente come IT sia figlio della nostra epoca, quella in cui, anziché guardare avanti e pensare al futuro, si ruota il capo all’indietro per bramare ciò che è stato; un’epoca 'seriale', ove non è più la televisione a voler essere cinema, ma è il cinema a voler essere televisione. Una realtà, ahimè, che pare stia inglobando la stragrande maggioranza di chi scrive, dirige e produce cinema. Fortunatamente, IT non risente di questo drammatico dato di fatto quanto ne hanno risentito tanti altri prodotti, e risulta così godibile e ritmato (a me ha divertito parecchio) pur con un’assenza di autoconclusione di fondo. Dopotutto, bisogna tenere conto che l’IT di King è un malloppo di oltre 1200 pagine; trasporlo interamente con un solo lungometraggio è impossibile. Muschietti, nonostante tutto, si è preso il coraggio di distanziarsi dal romanzo, osando e inserendoci del suo ogniqualvolta è stato possibile (la donna del quadro ricorda molto la ‘Madre’ del film omonimo), altresì con un utilizzo smoderato della CGI, che ha influenzato notevolmente la figura estetica di Pennywise, qui completamente rivisitata. Bill Skarsgård ha saputo sfoggiare una buona interpretazione (in lingua originale, con il suo accento svedese deve aver svolto un ottimo lavoro) e, bisogna ammetterlo, il suo clown è assai inquietante. A tenergli testa c'è il gruppo di piccoli, talentuosi ragazzi, composto da Finn Wolfhard (direttamente da Stranger Things), Jaeden Lieberher, Jack Dylan Grazer, Wyatt Oleff, Chosen jacobs, Jeremy Ray Taylor e, in primis, Sophia Lillis, interprete di Beverly, quindicenne di una bellezza sconvolgente (nonché bravissima!), che non vedo l’ora di rivedere sul grande schermo.
Si sarebbe potuto fare meglio di così, con un minimo di impegno - magari pensando più al cinema -, ma sarebbe potuta anche andare decisamente peggio. Diciamo, molto poco professionalmente, che si tratta di un film che entra facilmente nelle simpatie dello spettatore, e dunque la piena sufficienza se la porta comunque a casa. Nonostante il divieto ai minori di 14 anni, credo sia palesemente indirizzato ad un pubblico giovane e a diventare così, per i più piccoli, un nuovo Gremlins (ovviamente il paragone tra i due è inutile e ridicolo). Restiamo ora in trepida attesa per il secondo capitolo, programmato per settembre 2019.

It (2017): Bill Skarsgård

It (2017): Sophia Lillis
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