Regia di Tsai Ming-liang vedi scheda film
Opera seconda di Tsai-Ming Liang, regista taiwanese di origine malese che in seguito diverrà uno degli esponenti più autorevoli del cinema asiatico contemporaneo, vinse un meritato Leone d'oro a Venezia nel 1994, ex aequo con "Before the rain" di Milcho Manchevski. Film carico di dolore, di solitudine e di vite giovanili allo sbando dal punto di vista affettivo ed esistenziale, è un'opera coraggiosa nell'affrontare temi spinosi e solitamente rimossi anche nel cinema orientale, e il coraggio del regista lo si ritrova anche a livello formale, con una messinscena spoglia, il ricorso a lunghe scene non dialogate e l'accentuazione dei tempi morti come nel cinema di Antonioni, a cui vi sono diversi rimandi, certamente non casuali. Essendo un film dal ritmo lento in cui la trama è particolarmente rarefatta, gli spettatori meno avvezzi potranno trovarlo noioso, ma a mio parere merita assolutamente di essere visto e apprezzato proprio in virtù del suo linguaggio non convenzionale. Bellissimo il lungo finale della donna che piange da sola sulla panchina, che in altri contesti potrebbe risultare di maniera ma qui, invece, è molto intenso e sentito da parte del regista. Gli stessi temi saranno riproposti dal regista ne Il fiume, con risultati forse meno interessanti. I tre personaggi principali sono osservati quasi sempre a distanza, con un uso prevalente dei campi medi, accentuando l'impressione di sguardo radicale ed estremo che terrà lontana una parte del pubblico.
voto 8/10
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