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Immergersi nella folla
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Immergersi nella folla

Chi sa cos'è il moralismo? Chi sa cos'è l'ordine, quella strana disposizione di cose che consola gli animi e acquieta gli spiriti? E chi sa cos'è l'arte, e l'equilibrio che può creare essa quando entra in simbiosi con la coscienza e l'inconscio del fruitore a prescindere dal suo contenuto o dalla sua forma? Insomma, qualcuno sa che l'opera d'arte può nascere "distante" dal suo tema, dal suo contenuto, ma anche dal suo stile? E che essa nasce anche dalla necessità di rispondere ai criteri del Bello (nel senso più alto del termine) del fruitore, a prescindere se quello che viene raccontato/messo in scena/dipinto/scolpito sia bello o brutto nel senso più immediato del termine? L'opera d'arte deve soddisfare le condizioni del fruitore, punto e basta. Anche se racconta qualcosa di davvero disgustoso. Da qui nasce l'estrema problematicità di quell'intreccio labirintico di realizzazione artistica, fruizione della stessa e assimilazione da parte del fruitore, che può fermarsi alla superficie dello stile e dei temi, oppure può capire cosa significhi per lui - per il fruitore - quella data opera. Allo stesso tempo, il realizzatore dell'opera, "vittima" forse incosciente di un'idea geniale da condividere (e l'idea non ha necessariamente un contenuto razionale/concreto, ma può anche essere visiva, uditiva, in generale formale), può decidere di approcciarsi in diversi modi alla materia su cui lavora, mettendo insieme una serie di scelte che andranno a compromettere o modificare il cosiddetto "stile", e dunque il cosiddetto "contenuto", ma anche la sintesi complessiva di queste due dimensioni. E quante straordinarie variabili possono esistere nell'incontro violento/catartico fra volontà dell'autore, volontà del fruitore e oggetto d'arte, che diventa mezzo di un dialogo praticamente sovrumano? Infinite. Davvero, l'arte può svenire, avere un mancamento, ma non morire, almeno finché l'inconscio di qualcuno continua a lavorare: e - si stenta a credere - potrebbe essere, questo, frutto di un qualche processo naturale che sta ben oltre tutti questi ghirigori filosofici/meta-artistici e che può squadrare dall'alto il complesso, all'interno deforme ma inscritto dentro una perfetta dimensione geometrica, simbiontica: l'Arte.
Ebbene, entrando più nello specifico, qualcuno sa cos'è l'artificio della regressione? E la forma inerente al soggetto? Sono tutte trovate stilistiche strettamente legate alla trattazione del contenuto di una qualunque opera: l'artificio della regressione vede l'autore scendere al livello di un particolare gruppo di persone magari meno acculturate di lui per cercare di capirle meglio (è pur sempre un artificio, ma non importa), o addirittura vede l'autore discendere in un intero contesto che non vuole semplicemente criticare, ma di cui vuole condividere il punto di vista, per quanto discutibile esso possa essere (l'Olympia di Edouard Manet dice nulla?); la forma inerente al soggetto è un po' la stessa cosa, ed è la maniera elegante per dire che non si vuole essere soltanto bacchettoni ma si vuole far notare che quella realtà dannatamente criticabile in realtà mostra la carcassa di se stessa immanentemente, direttamente, quasi naturalmente, e senza il bisogno di un commento. Ecco perché questi artifici, che pure sembrano distanziare così tanto l'opera d'arte dall'artista, erano un tempo propri di un tipo di arte definibile come realismo. Con l'implacabile e necessario evolversi dell'arte, però, il realismo non ha più avuto troppo successo, probabilmente perché quell'artificio si era ingigantito a tal punto da diventare "punto di vista", fino a contraddire lo stesso termine "realismo" rivelando il coinvolgimento dell'autore. 
Ma questo artificio funziona ancora, non è più al servizio della ricostruzione della realtà, ma della ricostruzione di una realtà, particolare, strana, magari allucinante, ma vista dall'interno, e non attraverso un filtro esteriore ed oggettivo, che non farebbe altro che vederne le deformità. Paradossalmente, dentro una realtà marcia, possiamo vedere delle bellezze. Siamo agli antipodi, rispetto al moralismo.
Ora, qualcuno sa cos'è l'umorismo? In senso pirandelliano, ma anche nel suo senso etimologico? E anche ironia, non ci starebbe male: qualcuno sa spiegarla? Quando si parla di queste due figure semantiche si parla di un contrario, della rappresentazione di qualcosa che dovrebbe essere opposto a quello che è; e l'umorismo, per usare termini pirandelliani, passa prima dal comico e dall'avvertimento del contrario (in cui ridiamo perché capiamo qualche situazione assurda) per poi lasciare lo spazio al sentimento del contrario, in cui si capisce, in parole povere, che di quella cosa assurda e obsoleta c'era ben poco da ridere. Perché quella cosa "reale" non è nata per far ridere, è nata spontaneamente come deformazione naturale magari di una persona involontariamente ridicola. Così si impone il ruolo della riflessione, che deve affiancare e inglobare il riso.
Ma dunque, perché tutte queste domande e queste - magari didascaliche - risposte? Perché oggi la divisione fra moralismo e umorismo c'è, ma in pochi la vedono; perché da essa dipende il destino di un'arte che non interpreta solo in una maniera, ma che passa attraverso un'infinita serie di coordinate che non si appellano solo alla soggettività, ma alle capacità e agli umori, in genere, dell'essere umano, non del singolo, ma proprio del genere umano nella sua totalità. E questo per dire cosa? Che l'umorismo, al Cinema, si è distaccato dalla sua dimensione prettamente ridanciana e si è messo ad osservare, con puro sentimento del contrario, i suoi oggetti d'analisi o di contemplazione. Cosicché esso è diventato non solo la riduzione (o estensione) del cosiddetto "artificio della regressione" non più compresso dai dettami naturalistici, ma anche una delle scelte più coraggiose e più fortemente incomprese di certo cinema, soprattutto moderno, che proprio nelle accuse dei suoi detrattori rivela tutto il suo coraggio e tutto il suo carattere eversivo. Trovare bello il brutto, appassionante il maleducato, osceno lo splendido: è uno stadio dell'arte in cui la maniera di comunicare con lo spettatore si è fatta più sottile, più barbara, meno immediata, e non ha più bisogno della moralità come filtro, ma di ben altro. E tutti i film considerati piatti, insignificanti, risaputi, rivelano la loro vera natura di "analisi disincantate", in cui narratore/regista e autore sono persone diverse e in cui si può rimanere straniati da un qualcosa di immorale che diventa, improvvisamente, bellissimo. 
L'autore così si immerge nella folla del contenuto, e la forma si associa al contenuto in maniera ineluttabile, così da mettere in pericolo addirittura la sanità morale dello spettatore, che rigetta, alla fine, il prodotto. Qual è il confine fra regressione e condivisione, poi, questo è un mistero che va decodificato dal fruitore e regolamentato dall'artista: ma si capisce quando la bellezza di un'immagine non va di pari passo con l'appagamento o con la bontà morale: è lo zenit dell'arte decadente.

Playlist film

Nashville

  • Drammatico
  • USA
  • durata 159'

Titolo originale Nashville

Regia di Robert Altman

Con Keith Carradine, Ronee Blakley, Karen Black, Barbara Harris, Geraldine Chaplin

Nashville

In streaming su Amazon Video

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L'ultima sequenza: morte spaventosa. L'evento è terrificante, tragico, ma, banalmente, the show must go on. Qualcuno capisce e si chiude nel silenzio; alcuni capiscono e capiscono che è bene ricoprire tutto, andare avanti, neanche parlando di altro, ma dicendo semplicemente non mi interessa. Barbara Harris comincia a cantare, It Don't Worry Me. E quanto è bella quella canzone? Sappiamo quanto è marcio quello che stiamo vedendo? Sì, certo, ma quanto è bella quella canzone? La folla si mette a cantare, NON CI INTERESSA , i bambini intervengono, ecco qui il popolo americano e il popolo dell'intera Umanità. Non possiamo fare altro che cantare con loro. E chi ci ha visto un inno alla speranza, poco ne ha capito: ci siamo dentro fino al collo. Chi ha paura di tutto questo? Brividi quasi catartici di fronte a una situazione ributtante, quasi apocalittica, ripresa con tanta apparente freddezza: questo ed altro è il grandissimo Robert Altman.

Rilevanza: ancora nessuna indicazione. Per te? No

Arancia meccanica

  • Grottesco
  • Gran Bretagna
  • durata 137'

Titolo originale A Clockwork Orange

Regia di Stanley Kubrick

Con Malcolm McDowell, Patrick Magee, Michael Bates, Warren Clarke, John Clive

Arancia meccanica

In streaming su Now TV

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Ah, ma qui c'è molto altro. Si cominciò a parlare di kitsch poco dopo, o poco prima: riprendere elegantemente qualcosa di terribile, o di non "bello". Ma quello potrebbe anche essere un pretesto poco pensato e più compiaciuto. Il capolavoro di Kubrick è invece l'inno di gioia e di terrore al libero arbitrio: la violenza si è ricoperta di una nuova scorza, non è un invito provocatorio all'istinto brutale, ma l'eversiva possibilità che si è liberi di essere cattivi: morale e libertà scissi improvvisamente, senza nessuna consolazione, nessuna redenzione. Gioia della vista, terrore sotto la pelle. Ma che umanità è la nostra?

Rilevanza: ancora nessuna indicazione. Per te? No

La dolce vita

  • Drammatico
  • Italia
  • durata 178'

Regia di Federico Fellini

Con Marcello Mastroianni, Anita Ekberg, Anouk Aimée, Yvonne Furneaux, Magali Noël

La dolce vita

In streaming su Plex

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E citiamolo pure, il buon Fellini, che per primo si è compiaciuto visivamente della bellezza del basso, del miserabile. Il manifestarsi del decadente sbuca negli interstizi fra una scena splendida e l'altra: quanto è bello che balli la Ekberg, quanto è elegante quella inquadratura nella villa, di notte? E quanto vuoto dietro tutto questo? Fellini ci entra fino al collo, in quella crisi culturale; e ne assume il punto di vista, per taluni volgare, per altri elegante..ma è un confine straordinariamente sottile. E non perché l'arte si è involgarita, ma perché Fellini elegantemente entra nella volgarità e la tira fuori, la rivolta. Ed essa è un essere marino mostruoso.

Rilevanza: ancora nessuna indicazione. Per te? No

Kill Bill. Vol. 1

  • Azione
  • USA
  • durata 100'

Titolo originale Kill Bill: vol. 1

Regia di Quentin Tarantino

Con Uma Thurman, David Carradine, Daryl Hannah, Michael Madsen, Lucy Liu, Vivica A. Fox

Kill Bill. Vol. 1

In streaming su MGM Amazon Channel

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Beh, il combattimento finale parla da solo: il divertente del violento, il livello artistico e meraviglioso del trash, e la consapevolezza che dell'essere umano e delle sue volontà vendicative è rimasta la scorza estetizzante, che basta per parlare e non ha paura di alzare la voce. Il bel sangue a fiotti di Kill Bill in pochi lo battono, e non è eversivo perché, appunto, ci si vuole divertire, ma basta pensarci un attimo in più e riflettere su quello stesso divertimento. O forse il livello è ancora ulteriore: la riflessione non è guidata né desiderata da Tarantino. Non sarebbe moralismo, se ci si riflettesse, ma Tarantino supera pure l'umorismo. Come quando in Inglorious Basterds Django Unchained il regista riflette sulla natura profondamente estetizzante del sogno cinematografico, svolto nei suoi generi particolari. 

Rilevanza: ancora nessuna indicazione. Per te? No

Spring Breakers - Una vacanza da sballo

  • Avventura
  • USA
  • durata 92'

Titolo originale Spring Breakers

Regia di Harmony Korine

Con Vanessa Hudgens, James Franco, Selena Gomez, Ashley Benson, Heather Morris

Spring Breakers - Una vacanza da sballo

In streaming su Chili

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Chi poco comprende il film è perché ne ha paura: è l'Apocalisse in ripetizione della gioventù. Questa ha preso come connotati ontologici addirittura gli stereotipi, e li ha sparati a tutta forza intorno a sé come coriandoli appuntiti e sanguinolenti. Agghiacciante, con momenti di stralunata poesia, come la sequenza di Everytime o l'inizio spaccatimpani con Skrillex che ci invita e ci avverte allo stesso tempo. Scary Monsters and Nice Sprites. Scary/Nice.

Rilevanza: ancora nessuna indicazione. Per te? No

La grande bellezza

  • Drammatico
  • Italia, Francia
  • durata 150'

Regia di Paolo Sorrentino

Con Toni Servillo, Sabrina Ferilli, Carlo Verdone, Carlo Buccirosso, Iaia Forte

La grande bellezza

In streaming su Infinity Selection Amazon Channel

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No, la playlist non è stata fatta per parlare, sempre e fino allo stremo, del film di Sorrentino. Ma il discorso fra etica ed estetica qui si fa sottile, cruento, importante. E' la bellezza risaputa stessa, qui, a mostrare la propria carcassa, la sua scorza di kitschosissima copertura per brutture varie, così come le inquadrature eleganti, che hanno l'aspirazione di nascondere personaggi che fanno pena, che mostrano appagamento nei momenti più inopportuni (proprio come lo spettatore), che non dànno alcuna speranza, ma che cercano soluzioni nell'interiorità, dove l'estetica può solo evocare, riflettere su se stessa, mostrarsi. 

Rilevanza: ancora nessuna indicazione. Per te? No

The Wolf of Wall Street

  • Biografico
  • USA
  • durata 179'

Titolo originale The Wolf of Wall Street

Regia di Martin Scorsese

Con Leonardo DiCaprio, Jonah Hill, Margot Robbie, Matthew McConaughey, Kyle Chandler

The Wolf of Wall Street

In streaming su Amazon Prime Video

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Solita ascesa e caduta di un magnate, come Scorsese ci ha sempre raccontato? Ed è addirittura un film che è arrivato all'Oscar (senza prenderne nemmeno uno, ma non importa): perché? La nomination all'Oscar non è un giudizio di valori, perché c'era anche Dallas Buyers Club (sic), ma evidentemente, un po' come Sorrentino con il suo film, The Wolf of Wall Street ha svicolato una produzione che pure finisce per essere anche criticata dal contenuto stesso di un film che non salva nessuno, che senza requie mostra come bello e attraente un mondo in realtà privo di dignità, unilaterale, terrificante. Ridi, ridi, spettatore; poi capisci di che ridi? Capisci di cosa stai provando ammirazione? Ma no, signori, non è un errore di Scorsese, è la sua stoccata spaventosamente eversiva, perché il suo eroe disgustoso non ha la statura dignitosa dei suoi vecchi cattivi, ma è ben più di un semplice pezzo di merda, è la feccia circondata di bellezza, denaro e addirittura elegante regia! Scorsese è entrato dentro quel mondo, e quel mondo si è deformato da solo, perché è di natura deforme, e destinato all'autodistruzione: quel "prevedibile" di molti (aggiunto a un incomprensibile "moralista"), è la maniera sottile di disturbare, di scuotere. E se non scuote.. non si può mica scegliere di fare un film solo in funzione di quello che il pubblico può capire. Il fatto che piaccia o non piaccia senza aver capito l'umorismo di fondo è dimostrare di essersi fermati alla superficie. Perché Scorsese vortica maestosamente, tra quelle scrivanie, scuote il pugno anche lui; ma dal ridere con Belfort finisce col ridere di Belfort. Benpensanti, alla larga, qui c'è il Cinema che distrugge senza voler provocare. Perché est modus in rebus, e la violenza, o l'ermetico, non sempre sono necessari. 

Rilevanza: ancora nessuna indicazione. Per te? No
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