Regia di Apichatpong Weerasethakul vedi scheda film
Panyi è un’isoletta thailandese abitata da pescatori, che vivono in un villaggio di palafitte. Il giovane Apichatpong la sceglie come l’ambientazione di uno dei suoi primi cortometraggi: un’opera che, pur nella sua brevità, contiene già tutta l’intensità onirica delle sue opere maggiori. Le riprese sono avvolte nella penombra della sera, ed il film si apre con il racconto di un sogno da parte di una voce fuori campo. Il narratore, un giovane steso sul letto, non mostrerà mai il suo volto, come gli altri protagonisti di questa storia, formata da singoli sprazzi narrativi proiettati sul buio: le parole del vissuto si sovrappongono alla superficie indistinta del mistero, e sono messaggere dei dubbi esistenziali, della sofferenza (le uova rotte), della ricerca della verità (le lampade accese durante un blackout). Il paesaggio silenzioso e semideserto che fa sfondo al film è quel mondo vasto ed incontaminato in cui il regista amerà collocare tutti i suoi personaggi, come figurine perdute nell’immensità dell’universo, estranee al tutto, o, piuttosto, inconsapevoli di farne parte. L’atmosfera sonnolenta diventerà una marchio distintivo della sua poesia naturalistica, e suonerà sempre più come un invito a fondersi con la pace del cosmo, abbandonando gli affanni quotidiani, per abbracciare, con docile serenità, i traguardi trascendenti e fondamentali. Thirdworld è una splendida introduzione ad una cinematografia che del cosiddetto Terzo Mondo non vuole presentare la problematiche sociali, politiche e umanitarie, bensì la sua collocazione indipendente, e quindi privilegiata, rispetto ai paesi allineati a precisi modelli economici, che creano omologazione e cambiano la faccia della Terra. Questo film racchiude in sé tutta la poesia emanata dalla cose, dagli animali e dalle persone quando vivono tranquillamente le loro piccole esistenze, senza mai cessare di avvertire, intorno a sé, la presenza dominante e vigile della magia.
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