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Viaggio in India

Regia di Mohsen Makhmalbaf vedi scheda film

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La recensione su Viaggio in India

di chinaski
4 stelle

Un uomo e una donna (sposati) fanno un viaggio dall’Iran all’India su suggerimento dell’insegnante di meditazione della donna. Scopo del viaggio è trovare un guru, un leader spirituale conosciuto come “l’uomo perfetto”. L’India è da sempre un paese dalle mille contraddizioni, sprofondato nella povertà più assoluta eppure meta privilegiata da chi è alla ricerca di una spiritualità che possa cambiargli la vita. La storia raccontata è un percorso di questo tipo, compiuto da due persone opposte. L’uomo ha ideali comunisti, rinnega l’esistenza di dio, si appella alla propria ragione come mezzo di conoscenza del mondo, crede che la rivoluzione sia l’unico modo per cambiare una società; la donna invece è assorta nella sua spiritualità, in una visione misticheggiante delle cose. Durante il loro viaggio i due faranno diversi incontri fino a trovare il famoso “uomo perfetto” che donerà loro un papiro con su scritta una frase da leggere una volta che avranno raggiunto il sacro fiume Gange. La narrazione inizia a sfaldarsi quando il regista vuole razionalizzare in dialoghi e pensieri quelli che dovrebbero essere i percorsi interiori dei protagonisti. Gli attori purtroppo non riescono a supportare con le loro psicologie, i loro atteggiamenti e la loro sfera spirituale tutta la serie di discussioni e riflessioni filosofico esistenziali che portano avanti. E allora la storia e le loro parole cadono nel ridicolo, risuonano vuote e fastidiose. Dell’India, come luogo dell’anima, non rimane niente. Le immagini mostrate sono indubbiamente belle, ma questo è un merito dell'India stessa, che sa esprimere la propria bellezza anche attraverso la povertà o il dolore. Il lungo scorrere della macchina da presa sul Gange, mentre ce ne mostra le rive e l’umanità che vi appartiene, è forse la cosa più bella di tutta la pellicola. Perché finalmente non c’è più distinzione tra dentro e fuori, e si può capire, anche per chi non è induista, la vera sacralità di questo fiume e del popolo che vi si bagna. Una sacralità che appartiene alla vita stessa e che non ha bisogno di tante parole per poter essere compresa e spiegata, come cerca invece di fare, in maniera fallimentare, il regista di questo film.

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