Nel 1978 Aleksandr Sokurov gira un breve documentario (20 minuti) su di una comunità di contadine russe; ad un primo approccio sembrerebbe focalizzarsi su rituali e condizioni lavorative nei campi; il ritratto di una routine ‘spacca-ossa’.

Probabilmente nel ’78 per Sokurov stesso Maria fu solo ‘la contadina’ a cui dedicò la sequenza d’apertura; intravediamo anche la figlia di Maria, la quale diverrà soggetto della seconda parte (o forse di un altro film) : dieci anni dopo l’autore moscovita viene a sapere della morte di Maria, decide quindi di tornare per organizzare una proiezione in paese del corto girato dieci anni prima; sfrutterà il pubblico (fra cui la figlia cresciuta ed l’ex-marito fuggito con un’altra donna) e l’occasione per continuare a girare e montare l’insieme.

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Il rapporto immgine/emozione, o meno metaforicamente : la sensibilità (dettata dal fine non tracciato dall’artificio) di Sokurov, sfocia in dissolvenze che riportano il girato di dieci anni prima in quel paesaggio (ora) orfano di Maria.

La filmografia di Sokurov spettatorialmente vissuta è un’ascesa celeste, questo solo uno fra i vari (immanenti) tasselli.

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