Regia di Marc Munden vedi scheda film
Nell’attesa di vederla sbarcare al Lido di Venezia, interprete dell’ultimo film di Woody Allen "Anything Else" che inaugurerà la 60° Mostra d’Arte Cinematografica, Christina Ricci è già sui nostri schermi protagonista assoluta dell’insolita commedia romantica "Tripla Identità" diretta dall’esordiente Marc Munden. E per i fan (e sono tanti e sparsi su tutto il globo!) dell’attrice feticcio di tanto giovane cinema indipendente americano (e non!) è una perfetta occasione per rivedere sul grande schermo la loro beniamina, essendo principalmente il film uno "spudorato" omaggio all’identità, personalità e fisicità di questa eterna promessa del cinema a stelle a striscie. Anche questo ruolo finisce così per aggiungersi alla sua ricca galleria di personaggi non regalandole però ancora quel titolo degno di imperitura memoria. La sua camaleontica Miranda, donna ambigua e misteriosa che trascinerà nei suoi intrighi di sesso estremo e loschi inganni il giovane, romantico ed impacciato bibliotecario Frank (il viso fresco e pulito di John Simm), è un inno ironico, volutamente pop ed a tratti sopra le righe alla donna capace di indossare tante maschere ma eternamente bisognosa d’amore e d’affetto. La Ricci si muove a proprio agio nelle diverse anime e vesti di questa moderna femme fatale (ma priva di quel phisique du role che avrebbe dato maggior spessore e plausibilità alla sua interpretazione), la sceneggiatura mescola furbescamente innocue provocazioni e classiche dinamiche, la regia si mantiene sui livelli standard di tanti esordi che nel passaggio dalla tv al grande schermo osano sufficientemente (o forse l’arruolare i volti di Kyle MacLachlan o John Hurt, rispettivamente nei panni di un multimiliardario dalle strane fantasie erotiche e di un ambiguo truffatore, dovrebbe essere il segnale di un cinema innovativo ed originale?). Il risultato è allora un torbido ed innocuo thriller romantico certi invece che quel geniaccio di un Woody Allen già solo nell’accostare ad un nome come la Ricci il volto simbolo del cinema giovanilistico/demenziale americano (Jason American Pie Bigg) abbia più coraggiosamente rischiato di tanti pseudo giovani registi alternativi tanto strombazzati dalla stampa specializzata.
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