Regia di Asghar Farhadi vedi scheda film
Farhadi il suo lo sa fare sempre molto bene. E "Un eroe" lo conferma. Un film che si regge tutto sulla scrittura che sa innescare meccanismi logici e narrativi oliati alla perfezione, ogni dialogo apre un nuovo fronte della storia facendola progredire in maniera compatta e granitica. Come nei suoi precedenti film (escluso "Tutti lo sanno") si innesca un thriller dove l'azione avviene nelle parole dei protagonisti più che nelle loro movenze, apponendo così il suo marchio di fabbrica. Il film riesce a catturare l'attenzione dello spettatore e a trasportarlo nei meandri di ogni dialogo, le riprese sono essenziali, completamente scarne di manicheismi, ma Farhadi sa colpire anche con un'inquadratura fissa (vedi la scena finale). Riesce al contempo a raccontare la storia di uomo semplice e a descrivere un paese con tutte le sue contraddizioni. C'è sempre l'Iran, apparentemente come sfondo, ma poi pian piano il suo ruolo cambia ed emerge come protagonista assoluta che regge e muove i fili dell'intera vicenda. In questa abilità così speciale e sempre degna di ammirazione comincia però anche a delinearsi una consapevolezza oramai pienamente acquisita che rischia di appesantire anche gli idolatori più affezionati e di lunga data del regista iraniano. Per non correre il rischio di ripetersi e non dire più niente di nuovo, Farhadi deve cominciare a re-inventari e a pensare di innovare il suo modo di raccontare storie. Anche quello che è fatto bene, a forza di farlo sempre bene nella stessa maniera, rischia poi di non sortire più la stessa piacevolezza di un tempo.
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