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Sangue chiama sangue

Regia di David Ayer vedi scheda film

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La recensione su Sangue chiama sangue

di alan smithee
4 stelle

Due tenaci esattori di debiti spadroneggiano nei quartieri di una Los Angeles in cui i commercianti si trovano in balia di usurai e cosche da cui non riescono più a sfuggire.
Uno, detto Creeper (Shia LaBeouf),  è un tipo solitario conosciuto per la sua determinazione e il suo sadismo, l'altro (David Soto) è un padre di famiglia di origine messicana, che è riuscito ad emergere e a far vivere nel benessere tutta la sua estesa famiglia, forte di una consorte tenace che lo aiuta nella conta che segue la sua raccolta presso i commercianti.
Quando un vecchio concorrente dei due, sadico e forte di un seguito di elementi altrettanto folli e pericolosi, torna a farsi vedere in piazza dopo aver scontato una pena detentiva per spaccio di droga, per i due iniziano i veri guai, trovandosi coinvolti in una violenta faida per la contesa di un territorio che da anni ormai risultava appannaggio dei nostri due.

Una lotta in cui David vedrà minacciata non tanto o solo la sua persona, bensì la sua intera famiglia, messa a repentaglio da quel folle criminale con macabre ascendenze demoniache.
David Ayer, salvo il lodevole Fury, non si è mai dimostrato un regista particolarmente ispirato, come dimostrano le sue opere successive, dall'adattamento del DC comic Suicide Squad, davvero inconsistente, al successivo ed ambizioso, ma assai fiacco Bright, con cui Netflix ha esordito nella produzione di lungometraggi destinati direttamente alla visione in streaming.
In questo racconto sanguinario e pieno di momenti forti, la storia non presenta particolari novità o caratteristiche peculiari in grado di farne risultare originalità o qualità di rilievo.
Certo l'azione risulta efficacemente diretta, il ritmo piuttosto ben distribuito nel racconto, ma la routine latita ed il dialogo tra i personaggi appare assai piatto e senza alcun guizzo che possa rendere memorabile almeno uno dei personaggi, legati ai soliti cliché degni di un telefilm anonimo.

Non che si potesse pretendere qualcosa alla Scorsese, ma qui il problema sta proprio nella costruzione dei protagonisti, che manca di originalità e di un vero carattere distintivo.
Si salva dalla mediocrità dilagante solo Shia LaBeouf, che con il suo sguardo inquietante ed un po' strabico, disorientante ed inquieto, riesce a fornire un minimo di carattere al suo personaggio certo un po' folle, ma nulla in confronto a quello del suo nemico satanico giurato, ovvero di colui che lo destinerà ad una sorte quasi da martire, rendendolo il personaggio sacrificale più emblematico dell'intera vicenda, che non ci risparmia morti né massacri.

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