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Outrage Coda

Regia di Takeshi Kitano vedi scheda film

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La recensione su Outrage Coda

di supadany
5 stelle

Venezia 74 – Fuori concorso.

Con Outrage coda, Takeshi Kitano chiude la sua trilogia sul mondo della yakuza, iniziata nel 2010 con Outrage e proseguita nel 2012 con Outrage beyond.

Al di là di un binomio autore/tema che riscalda gli animi degli appassionati, questo terzo capitolo non aggiunge niente di particolarmente ispirato, risultando utile giusto al completamento della trilogia.

Da tempo, l’ascia di guerra tra i clan yakuza dei Sanno e degli Hanabishi è sotterrata. Quando Hanada (Pierre Taki), un uomo aggregato agli Hanabishi, combina un pasticcio con due prostitute, Otomo (Takeshi Kitano) entra in azione, riaccendendo la tensione tra le parti. Nel frattempo, all’interno del suo clan, lo scettro del potere è conteso dal presidente Nomura (Ren Osugi) e Nishino (Toshiyuki Nishida), il suo secondo in carica.

In un breve periodo, tutte le questioni aperte verranno chiuse una volta per tutte.

 

Takeshi Kitano

Outrage Coda (2017): Takeshi Kitano

 

Oggi come oggi, affrontando un autore come Takeshi Kitano l’inesorabile trascorrere del tempo appare ancora più evidente. Infatti, proprio a Venezia dov’è avvenuta la prima mondiale del lavoro in oggetto, l’autore di Tokyo conquistava vent’anni fa il Leone d’oro con Hana-bi. Fiori di fuoco, per poi far suo il Leone d’argento con Zatoichi nel 2003.

Prendendo in esame Outrage coda sembra veramente di avere a che fare con un altro autore. Per carità, niente di disonesto, semplicemente il dispositivo appare scarico, storicamente ripetitivo e complessivamente in difficoltà sia quando lascia spazio alle parole, sia quando a farla da padrone è la violenza, principalmente identificata con le sparatorie.

Quindi, se l’armamentario non poteva certo intercettare chissà quali new entry, un po’ tutto funziona più meccanicamente e blandamente, con tanti dialoghi né carne né pesce, al netto di alcune battute da vecchia scuola che però sono sempre più estemporanee.

Per onor di firma, va anche detto che Takeshi Kitano è del mestiere e un paio di condanne a morte tramite modalità efferate risaltano sul resto, ma a dominare la scena è soprattutto una medietà imperante, evidente fin dalla messa in scena, più attenta a conservare la precisione che al dettaglio.

Questo effetto è evidente al punto che nemmeno la rituale carneficina stupisce più, testimoniando una volta di più la mancanza di reali orizzonti, per un’opera in cui l’autore pare continuare a divertirsi - e probabilmente anche a riempirsi le tasche - senza andare oltre a qualche incursione pittoresca e a uno sviluppo che, modificando anche qualche dettaglio, non comporta scostamenti tali da giustificarne un interesse oltre la chiusura della trilogia per completezza personale dello spettatore.

Anche piacevole, ma l’istinto è in buona parte sopito e il procedimento scolastico e stanco. 

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