1 stagioni - 8 episodi vedi scheda serie
Oltre a riprendere numerosi racconti e altre opere di Poe, la serie riesce ad adattarsi con efficacia a quella particolare forma di horror che gioca sul sottile confine tra realtà e soprannaturale, tra visione e allucinazione.
La trama costruisce un solido filo conduttore fra i racconti selezionati, anche se i riferimenti risultano talvolta casuali e un po’ confusionari — si pensi alla puntata dedicata allo Scarabeo d’oro, al personaggio di Auguste Dupin che sembra fondere sia l’omonimo detective dei polizieschi di Poe sia l’amico del signor Usher, o ad Arthur Gordon Pym.
I personaggi di Madeleine e Roderick appaiono complessi e ben delineati, ma lo stesso non si può dire dei loro figli: poco approfonditi, finiscono per restare figure caricaturali. La serie indaga a fondo il passato della coppia di gemelli che ha dato origine all’impero dei Fortunato, ma trascura la psicologia dei discendenti, rappresentati quasi esclusivamente come automi spinti dal denaro, laddove la natura umana è molto più sfaccettata.
Le scene di tensione risultano generalmente ben costruite, ricche di dettagli che emergono negli specchi o negli sfondi della scenografia; alcune, tuttavia, peccano di verosimiglianza. È il caso, ad esempio, dell’uccisione di Longfellow per mano della madre degli Usher: risulta difficile credere che una donna così debilitata possa riuscire a strangolare con successo un uomo di quella corporatura.
Per quanto riguarda la tematica, c'è decisamente molto da approfondire. Il contenuto non appesantisce la storia: rimane il contorno piacevole di una trama che prima di tutto vuole intrattenere, eppure è estremamente attuale e riprende diversi dibattiti in corso nella società contemporanea — la redistribuzione della ricchezza, il significato della meritocrazia, la riflessione sulle dipendenze, la posizione morale di chi guida grandi multinazionali così come quella di chi si vanta di smascherarle.
L'elemento più interessante in assoluto, però, è la continuità fra l’inizio e la fine: la stessa scena che funge sia da prologo che da epilogo diventa un dispositivo narrativo che ci costringe a interrogarci sul senso stesso di alcuni concetti che sembrano chiarissimi come “progresso” e "successo" non solo individuali, ma anche collettivi; i destini, personali o familiari, tendono a richiudersi in cerchi piuttosto che proseguire in linee rette.
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