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"40 secondi" e quella stranezza del cinema mainstream
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Un nudo maschile nel 2025 del tutto fuori dal perimetro della sfera erotica/sessuale può fare oggi addirittura più “paura” al cinema mainstream di quanta ne faceva venti/trent’anni fa? Mi balena questo strano pensiero/questa domanda nella testa dopo la visione in sala di “40 secondi”, film in programmazione con discreto successo nelle sale in questi giorni (dal 19 novembre) e che sta facendo discretamente bene al botteghino (forte anche della distribuzione capillare di Eagle Pictures) e vi spiego anche il (persino buffo) perché.

 

Premessa: il regista, Vincenzo Alfieri è un talentuoso. Ha già una manciata di lungometraggi alle spalle, io lo notai con il bel giallo Il corpo (2024) e ora mi conferma la buona impressione anche quest’opera che racconta di un fatto realmente accaduto e tristemente noto: l’uccisione di Willy Monteiro che per il gesto di coraggio di difendere un amico da un’aggressione animato dal solo intendo di sedare una rissa fu colpito violentemente e senza scrupoli da due gemelli violenti e balordi con altri due imputati. Grazie a un’abile strategia tecnica di messa in scena e partendo da una prospettiva inizialmente lontana sulle realtà dei vari personaggi coinvolti per poi avvicinarsi progressivamente al punto di fuga, il regista mette al centro del racconto le dinamiche culturali e sociali che normalizzano la violenza, la mascolinità e il distacco dalla realtà di certa gioventù tossica, incazzosa, priva di empatia, sfacciata e ambiziosa. Bravo.

 

“40 secondi” è inevitabilmente un film molto fisico, di corpi scolpiti, atletici, vibranti, in una società in cui l’apparenza conta moltissimo. I muscoli, i tatuaggi, una virilità ostentata sono elementi importanti. Corpi che inevitabilmente guadagnano il centro della scena, mi vengono in mente in particolare due sequenze. Una è la doccia dei due gemelli che abituati a fare tutto insieme, così come dividersi le ragazze durante le scopate o lottare insieme al pugilato, si confrontano anche fisicamente durante la doccia in comune. E’ una scena abbastanza lunga che mi sorprende per un aspetto: l’inquadratura è larga ma le parti intime vengono sfocate con dei giochi di luce che ricordano i bollini piazzati in alcuni programmi televisivi della tv generalista (come L’isola di Adamo ed Eva o Nudi e crudi). Altra doccia dopo la partita per il gruppo di ragazzi a far capire le chiacchiere da spogliatoio e le dinamiche di complicità e sberleffo tra i personaggi: dura almeno cinque minuti ma per tutto il tempo – tutto – la camera riesce ad inquadrarli tutti insieme (sono almeno sei/sette) costantemente solo fino a mezzo busto. Vi lascio immaginare, dato che si tratta di uno spazio ampio con tanti personaggi che si muovono, si toccano, come possa risultare forzato e imbarazzante tutto ciò. Quasi buffo.

 

Luca Petrini, Giordano Giansanti

40 Secondi (2025): Luca Petrini, Giordano Giansanti

 

Così mi sono chiesto: far vedere in modo del tutto non sessualizzato un corpo umano (che si lava!), magari anche semplicemente di spalle che problema può creare? Nello spogliatoio della palestra o del calcetto Vincenzo Alfieri cosa vedrebbe mai? E sullo schermo perché no?

 

Alfieri ovviamente non è l’unico a scegliere questa impostazione. Perché mentre sulle piattaforme streaming  nelle serie tv la libertà di far vedere un corpo nudo è ormai ovvia e conclamata (per non parlare del cinema d’essai), anche in paesi in passato restii come gli USA, nel cinema mainstream anche italiano i registi (penso ad esempio a Gioco Pericoloso, con il nudo della sola Elodie, ce ne sono altri mille ma non annoio chi legge) si allineano a questa “legge”. Mentre la nudità femminile non viene censurata quella maschile infastidisce? Ma chi? L’occhio del regista uomo-etero? Non avevo anni fa e non ho ancora oggi una risposta.

 

locandina

40 Secondi (2025): locandina

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